Se perfino il liberismo diventa un peccato

Se perfino il liberismo diventa un peccato

Se una società non è liberale, difficilmente lo saranno i suoi rappresentanti. Se poi uno decide di fare il politico di professione e a sinistra, non stupiamoci quando Carlo Calenda pronuncia una sorta di «mea culpa» per avere dato credito alle tesi liberiste. Innanzi tutto, il liberismo dell'europarlamentare romano è qualcosa della cui esistenza pochi si sono resi conto. Si fatica a ricordare l'impegno dell'ex-ministro del governo Gentiloni per la riduzione delle imposte e della spesa pubblica. Soprattutto, nessuno si è mai accorto che tenesse qualche libro di Bastiat sul comodino e gli scritti di Hayek tra gli e-book dello smartphone.

Nelle scorse ore Calenda (nella foto) si è trovato per strada tra gli operai della ex-Embraco di fronte al palazzo del Mise. Constatato che le aziende scappano, i capitali sono fermi e quanti cercano ancora di lavorare devono districarsi tra una burocrazia da Terzo mondo e tasse da esproprio, non ha pensato che ci fosse niente di meglio da fare che accusare dei nostri guai la libertà d'iniziativa. Peccato che di questo maledetto liberismo, in Italia, non se ne veda proprio. Come Fausto Bertinotti nei suoi momenti migliori, ha provato ad argomentare dinanzi ai lavoratori che se in Italia la disoccupazione è ancora al 10% (mentre in Svizzera, ad esempio, è al 2%) questo si dovrebbe al mercato. Ovviamente se avesse sostenuto che le cose da noi vanno male perché la politica ha invaso ogni spazio, avrebbe poi dovuto ammettere le proprie colpe. Meglio accusare i mercati concorrenziali oppure la presunta immoralità dei profitti. Guarito dal virus del liberismo, oggi Calenda ha deciso di approdare al pragmatismo, che in fondo è la prospettiva ideale di ogni politico, libero in tal modo può fare quello che vuole. Questa, in effetti, è l'ideologia di chi non ha principi: di chi ritiene che sulla base delle valutazioni del momento la politica possa rispettare i diritti altrui, oppure no. Possa moltiplicare le scartoffie, oppure ridimensionarle. Possa ampliare a dismisura (con tutte le conseguenze: giuridiche e poi anche economiche) l'area dello Stato, oppure restringerla.

Ma a questo punto meglio uno statalista duro e puro: chi lo voterà sa quanti drammi l'aspettano, ma almeno non sarà preso in giro. Liberismo è termine tutto italiano che nasce come contrazione di libero-scambismo. Non è che ora Calenda si metterà a suggerire dazi e barriere, come un sovranista qualunque?

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