L'eterna questione se esista ancora una sinistra seguita a generare mostri sotto forma di equivoci. Quando l'Unione Sovietica si suicidò un quarto di secolo fa, tutti coloro che si erano aggrappati ai suoi rottami - da Fidel Castro agli spiritati intellettuali - inventarono il penoso slogan della «morte delle ideologie» per coprire la morte del comunismo. L'abbattimento del Muro di Berlino, che fece parte del rituale suicida, fu trasformato nello slogan secondo cui «tutti i muri devono essere abbattuti». Il primo approdo del popolo orfano fu quello ecologico. Tutti i profughi rivoluzionari si dichiararono ambientalisti arrabbiati, tutori di una nuova etica, visto che la vecchia era inquinante. In Italia lo sperimentato grido ariano-berlingueriano della superiorità morale è stato rilanciato con la lieta novella secondo cui il buon governo consiste soltanto nel non rubare. Sottotitolo: sono tutti ladri, tranne noi.
Di qui la popolarità del grillismo, erede dell'ideologia della morte delle ideologie. E di qui anche la prudente decisione di mettere in coma la democrazia liberale che potrebbe, chissà, far rivincere Berlusconi. La sinistra si è poi frantumata in sentimenti deboli e risentimenti confusi, base del renzismo.
Del resto, siamo in sintonia con l'Europa: in Francia si contendono in sette la carcassa di Hollande, in Spagna è la resa dei conti fra Podemos e socialisti, ma tutti uniti nello sdegno per l'esistenza al mondo di Donald Trump e della sua zazzera.
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