Quasi quasi ce li eravamo dimenticati tutti quanti. I loro cognomi, le cariche, i camici bianchi. Via dai palinsesti, via dagli occhi. Dopo un predominio assoluto durato giusto-giusto due anni i virologi erano usciti di scena, mesti-mesti. Qualcuno sopravviveva ancora qua e là, in qualche angolo secondario della programmazione televisiva. Le loro opinioni non facevano più notizia. Le liti più recenti passavano sui teleschermi come déjà-vu in bianco e nero senza più suscitare reazioni da parte dei telespettatori annoiati. Poi arrivò Vladimir Putin: iniziò a sganciare bombe e seminare morte nel cuore dell'Europa. Nel giro di una notte, sul finire di febbraio, la guerra in Ucraina monopolizzò talk show e tiggì sostituendo in pianta stabile l'ormai logoro coronavirus. Senza nemmeno accorgercene eravamo passati da un'emergenza all'altra.
Dopo due mesi di conflitto, poi, ci eravamo ormai assuefatti anche all'orrore che ogni giorno lo Zar infligge all'Ucraina. Si iniziava a fare i conti con l'estate, le vacanze, i rincari da ombrellone. Una normalità di facciata, insomma. Con un sollievo in più. Quest'anno, dopo mesi di restrizioni assurde, non dovevamo più fare i conti con green pass, mascherine, tamponi e decreti dell'ultimo momento. Poi, eccola lì. La notizia. L'allarme. Il ritorno in campo dell'Oms che convoca riunioni di emergenza, del ministro della Salute Roberto Speranza che predica accortezza, delle conferenze stampa dall'ospedale Spallanzani di Roma, del livello di contagiosità, del numero di casi all'estero e in Italia, del numero di contatti per ogni caso, del tracciamento, dei soggetti a rischio. Ma, soprattutto, il ritorno dei virologi. Sono rispuntati come funghi dopo una nottata di temporale. D'altra parte, a questo giro, la macchina è tutta rodata. È tutto più immediato. E poi: con un nome così, vaiolo delle scimmie, puoi non alzare il livello di allarme da zero a cento in un nanosecondo?
Attenzione, dunque. Ci sono tutte le premesse per una nuova campagna allarmistica di cui non abbiamo assolutamente bisogno. Stando a quanto sappiamo, il monkeypox non solo non è letale ma non è nemmeno così contagioso. Non ci sarebbe, quindi, alcun motivo per gettare la popolazione nel panico e tornare a parlare di emergenza, unità di crisi e, soprattutto, campagna vaccinale. Eppure quei termini stanno tornando. In sordina, ma stanno tornando. Al solo ascoltare certe dichiarazioni viene da mettersi le mani nei capelli. "Assolutamente no allarme, ma grande attenzione". "La buona notizia è che lo abbiamo preso, credo in tempo". "Lo abbiamo già sequenziato. Lunedì o martedì lo isoleremo. Da lì partiranno le prove per vedere se il vaccino attualmente disponibile può essere neutralizzante". Poi gli inviti: "Osserviamoci. Osserviamo la pelle, se ci dice qualche cosa. Se c'è qualche macchia. Ovviamente se c'è febbre, spossatezza". Un film già visto. Da tutto questo cinema ci siamo già passati.
Ora, a differenza di due anni fa, abbiamo qualche anticorpo in più per non cadere negli errori già commessi. Abbassiamo da subito i toni. Non intasiamo i talk show di esperti.
Evitiamo risse tivù. Stiamo alla scienza, stiamo ai fatti. Preoccupiamoci per le emergenze vere, non andiamo in giro a cercarne di nuove. Compatibilmente con le nostre finanze, andiamo in vacanza e torniamo a respirare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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