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Zitti, si gioca. Che effetto fa il ritorno del calcio

Si gioca. È la notizia. Stadi vuoti, ma voglia pazza di rivedere il football. Basta con il fussball tedesco, c'è roba buona italiana, Juventus-Milan subito, per gradire, poi Napoli-Inter, è coppa Italia anche per questo.

Zitti, si gioca. Che effetto fa il ritorno del calcio

Si gioca. È la notizia. Stadi vuoti, ma voglia pazza di rivedere il football. Basta con il fussball tedesco, c'è roba buona italiana, Juventus-Milan subito, per gradire, poi Napoli-Inter, è coppa Italia anche per questo, riunendo nord e sud, zone rosse e aree meno drammatiche, il coronavirus circola con ferocia minore, l'8 marzo è una data lontana, ma ancora calda e fastidiosa sulla pelle di tutti, dopo tre mesi e più il pallone torna ad occupare le serate di un'estate italiana. Non è ancora il Paese vero, si viaggia con preoccupazione, le scuole sono ancora maledettamente chiuse, uniche prigioni assurde in un regime di libertà vigilata che concede alle sale giochi e alle discoteche la possibilità di ricominciare. Il calcio ha atteso in coda, mischiato nella confusione dalla pochezza del governo e dalla fragilità della federazione. La vigilia di questa coppa è stata agitata dalle parole astruse del ministro della Salute che prima ha detto «siamo orientati ad autorizzare le due semifinali e la finale» e poi, al risveglio, ha rimesso in circuito la paura di una ricaduta del virus. La nuvola grigia non è di Fantozzi, ma di Speranza e della sua orchestra. Il calcio riprende certe abitudini, ma non tutte, dovendo seguire protocolli, illogici, rinunciando al pubblico, agli abbracci, allo scambio dei gagliardetti e simili. Però c'è un risultato da raggiungere, si deve andare in gol e non provare gli schemi, non è torneo estivo, anche se ha tutto delle kermesse spiaggiaiole o di tournée orientali. Presumo che già stasera si discuterà sulle scelte di Sarri e su quelle di Pioli, a pensarci bene non abbiamo nemmeno incominciato e sento puzza di bruciato, chi esce da questa coppa rischia la reputazione. Soprattutto Antonio Conte, fuori dalla Champions league, terzo in campionato, sconfitto da Gattuso all'andata, a San Siro, e con scarsi alibi a Napoli, domani sera. Come si può dedurre, non è affatto detto che saremo più buoni, che nulla sarà come prima. Anzi, il mondo dei professionisti ha responsabilità pesanti, i presidenti hanno voluto giocare per non perdere i denari delle tivvù, i calciatori hanno fatto finta di rinunciare a una parte di emolumenti sontuosi, alla fine i soli a pagare il conto sono i tifosi, penalizzati dal non poter andare allo stadio e costretti ad abbonarsi alle tivvù satellitari per assistere all'evento. Nel week end e per la finale, la Rai farà ascolti sanremesi. Per incominciare, vanno in campo due arbitri di grande censo, Orsato e Rocchi. Anche loro troveranno difficoltà a dirigere il gioco in una sala di silenzi, soltanto interrotti dal vociare degli attori. Dovremo abituarci al calcio in mascherina, nel senso che non sarà libero, aggressivo, coinvolgente come lo era quattro mesi fa. Cerchiamo di non rovinare quello che resta di una stagione maligna. Ci sarà un vincitore, ci sarà uno sconfitto. Sul campo però. Impariamo ad accettare i verdetti, senza zone grigie.

E che nessuno si azzardi a rivolgersi all'algoritmo.

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