Un nuovo corso per il Premio Goncourt? Vedremo, per ora registriamo la vittoria del nuovo còrso, con l'accento sulla prima «o». Ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento, ieri, è stato infatti Jérôme Ferrari, che è nato sì a Parigi (nel '68), ma che in Corsica, per la precisione ad Ajaccio, ha insegnato filosofia al liceo. E che soprattutto ha ambientato il suo romanzo Le Sermon sur la chute de Rome (Il sermone della caduta di Roma), proprio sull'isola che fu di Napoleone. Romanzo duro, violento, forse più hard boiled in stile anglosassone che noir alla maniera francese.
Ma il nuovo, e per ora soltanto ipotetico, corso (senza accento) riguarda la griglia dei concorrenti al premio. Che, come tutti i premi letterari, è una gara più fra editori che fra autori. Ebbene: alla finale erano assenti i big Gallimard, Folio e Grasset. D'accordo, c'era Seuil con Peste et choléra di Patrick Deville, ma in compagnia di Québert Fallois con La vérité sur l'affaire Harry di Joël Dicker, Bourgois con Lame de fond di Linda Lê e Actes Sud, appunto con l'opera di Ferrari. Insomma, come se nelle prossime semifinali di Champions League non ci fossero né il Barcellona, né il Real Madrid, né il Bayern Monaco, né il Manchester United. Come dire, outsider alla riscossa.
Docente e consulente pedagogico, Ferrari è a sua volta un outsider. Nei suoi lavori, come ricordano alle Edizioni E/O che pubblicheranno l'anno prossimo Le Sermon sur la chute de Rome mette la lotta armata degli indipendentisti corsi negli anni Ottanta, il crollo dell'impero coloniale francese, le passioni amorose più estreme, i conflitti del Mediterraneo, il dolore dell'esilio, i sogni della gioventù contemporanea al declino della nostra civiltà. Un percorso fra storia e cronaca, compiuto con uno stile franco, immediato, incisivo.
Le Sermon sur la chute de Rome si svolge in un paesino della Corsica in cui un vecchio abitante torna per meditare sui propri fallimenti. Suo nipote rinuncia agli studi di filosofia per gestire il bar del posto con un amico d'infanzia.
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