In fondo sembra, ma non è, la solita storia americana. La vita di Kurt Vonnegut ha conosciutoaltiebassi, successieinsuccessi. Eventi spesso conditi da delusioni, sulpianoumano, benmascherate da unsottile umorismo nella bellissima raccolta di lettere private curata da un amico di vecchia data, lo scrittore Dan Wakefield (Kurt Vonnegut, Letters , Delacorte Press; appena uscito negli Usa). Kurt Vonnegut, nato nel 1922, immigrato tedesco di quarta generazione, assiste alla rovina e alla lenta risalita della propria famiglia travolta dalla Grande depressione. Parte volontario per la Seconda guerra mondiale, per difendere i valori americani messiinpericolodallaGermanianazista. La madre si suicida poco prima della sua partenza, in preda alla depressione. Kurt combatte la battaglia delle Ardenne, viene fatto prigioniero, spedito a Dresda in coincidenza con l’attacco alleato che farà 370 mila morti. Si salva. In patria, si affermacomescrittoremoltofaticosamente, nel frattempo svolge altri lavori, a esempio alla General Electric. Nel 1969 ottiene un successo mondiale col romanzo Mattatoio n. 5 , unarivisitazioneinchiaveanche fantascientifica del bombardamento di Dresda. Il libro esce in concomitanza con la fase più accesa della guerra in Vietnam. Vonnegut, volontario e decorato, diventa un simbolo del movimento pacifista. Trova il tempo di sposarsi due volte e avere sei figli, tre dei quali adottati. Inseguitopubblicheràaltriromanzi, non particolarmente apprezzati dalla critica, scriverà per il teatro e il cinema, inaugurerà una carriera da artista nelle gallerie newyorchesi.
Morirà nel 2007.
Questi sono i fatti pubblici, esteriori, della vita di Vonnegut, che oggi possiamo riscoprire da una prospettiva nuova: la sua. Il libro si apre con un documento strepitoso, anche se già noto. È la lettera alla famiglia inviata da Le Havre nel maggio 1945. Vonnegut, prigioniero di guerra, è appena stato rilasciato dai tedeschi. E racconta l’orrore vissuto a Dresda. Leader dei soldati americani, invirtùdellepocheparole di tedesco che parla, tratta migliori condizioni con le SS, senza successo. Affamati e malnutriti, i prigionieri temono il peggio. Che puntualmente arriva ma a causa degli alleati: «Era circa il 14 di febbraio quando giunsero gli americani e, subito dopo, la RAF. La loro azione combinata uccise 250mila persone in 24 ore e distrusse Dresda, forse la più bella città del mondo. Ma non distrusse me. Dopo tutto questo, fummo messi a trasportare i cadaveri ... i civili ci insultavanoecitiravanopietrementreinnalzavamoimmensepirefunerarie in città». È l’episodio centrale di Mattatoio n. 5 raccontato a caldo.
Quel romanzo, come si diceva, fece di Vonnegut una star della controcultura.
Ma Kurt, come emerge dalle lettere, non si sentiva affatto il portavoce di una generazione che stentava a capire.
Scrive Dan Wakefield: «Era molto sospettoso nei confronti del movimento hippie ... Durante quella decade (gli anni Sessanta, ndr) non cambiò mai il suo stile nei vestiti, nel cibo, nel fumare... era scettico verso ogni moda».Nelle lettere, troviamo soltanto un accenno alla mancanza di differenze tra un socialista e un borghese («stessi bambini dalle gote rosse, stesse mogli casalinghe, stesse belle macchine ») e qualche stoccata ai seguaci della spiritualità orientale. Vonnegut, ben inserito nel mondo culturale, sembra uscire dagli schemi anche nella scelta dei suoi corrispondenti. Nel mondo di Kurt, oltre a Norman Mailer, ci sono autori come Bernard Malamud, William Styron e Isaac B. Singer, lo scienziato Stephen Jay Gould (suo grande ammiratore) e l’attore Jack Nicholson, in trattativa per un film tratto da La colazione dei campioni («Solo tu puoi riflettere la carismatica, assurda bellezza, la follia cento per cento americana che affligge quest’uomo »).Vengononominaticomeamici Richard Yates, Truman Capote, Ray Bradbury, Isaac Asimov. Sono spesso messaggi ironici o umoristici. Ecco come Vonnegut dissacra il campus di Harvard, ove era stato invitato a insegnare, come accadde a Malamud, destinatario del biglietto: «Voglio davvero imparare di più sul contegno da tenere ad Harvard ... Poiché non ti ho adocchiato alla cerimonia di laurea, suppongo che tu non abbia visto, tra le altre cose, quei due cagnetti infoiati che se la spassavano in mezzo alle ragazze in attesa del diploma».
L’ironia è la cifra comune a questoepistolario. MaVonneguthaavutoisuoimomentidicrisi. Stroncature a parte, ha vissuto un divorzio traumatico, ha avuto lutti devastanti, un figlio schizofrenico, una famiglia che lo ha semi-ripudiato in quanto scrittore «degenerato».
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