U n biscotto senza burro: anche se è secco, può essere eccellente. Sono eccellenti, per esempio, certe pagine di Gombrowicz; e sono molto buoni anche i tre racconti di Sandro Bonvissuto pubblicati da Einaudi (Dentro, pagg. 171, 17,50 euro).
Nel primo racconto, seguiamo lodissea di un detenuto a partire dal momento in cui viene condotto in carcere. La narrazione, deliberatamente atona, dà limpressione di non essere una cronaca in tempo reale degli eventi, ma una ricostruzione effettuata più tardi, a sangue freddo. Vediamo il protagonista lasciare le impronte digitali, subire delle perquisizioni ed entrare nella sua cella, ma senza alcun pathos. Aleggia lo spettro di Kafka, cui peraltro si accenna esplicitamente, ma è un Kafka senza spasimi, filtrato attraverso le atmosfere di Agota Kristof (oppure, perché no, di Vittorini). Lintento di Bonvissuto, chiaramente, non è la denuncia sociale, né lanalisi psicologica. Apprendiamo che alcuni detenuti sono terroristi politici mentre altri degli immigrati maghrebini, ma si tratta di caratteristiche che scivolano sulla superficie delle persone cui appartengono come gocce di mercurio su una lastra di vetro. Se lautore riesce a trasmettere delle emozioni è solo grazie ad alcune «illuminazioni» letterariamente notevoli. A volte, certo, Bonvissuto bamboleggia: «Perché fondamentalmente la busta è qualcosa che ha a che fare con i morti. Non ho mai visto una cosa viva dentro una busta. A parte i pesciolini rossi vinti al luna-park». Più spesso, però, coglie nel segno: «Ledificio che avevamo di fronte era impenetrabile. Massiccio. Pareva conficcato per terra, come fosse caduto dal cielo. O come fosse sbucato dal suolo faticosamente e ancora non del tutto, gravato da un contenuto pesante». Oppure, nelle ultime pagine: «Non devi aver paura, non è la morte lavversario della vita, ma il tempo».
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