Modiano, il Proust di oggi (che conoscono in pochi)

L'Accademia di Svezia lo paragona all'autore della Recherche. Semisconosciuto fuori dal suo Paese, è uno scrittore della memoria

Modiano, il Proust di oggi (che conoscono in pochi)

«Il Marcel Proust del nostro tempo», così il segretario dell'Accademia Reale di Svezia, Peter Englund, ha definito Patrick Modiano, il quindicesimo francese ad aggiudicarsi il Nobel per la Letteratura. Il 69enne scrittore e sceneggiatore, spiega la motivazione, con la sua «arte della memoria ha evocato i destini umani più inafferrabili e svelato la vita reale durante l'occupazione nazista della Francia».

Penso che nessuno di noi, suoi coetanei, mentre ascoltavamo un motivetto swing di Françoise Hardy come Etonnez-moi Benoit o partecipavamo con una stretta angosciosa alle fosche vicende di Cognome e nome: Lacombe Lucien , di Louis Malle, avremmo mai pensato che dietro le parole della canzone e la sceneggiatura del film c'era un futuro premio Nobel. Invece da ieri è così. Patrick Modiano ha sconvolto le mie aspettative, niente Giappone di Murakami, niente Siria di Adonis. Ancora una volta la Francia, al suo quindicesimo Nobel. E ancora una volta, un romanziere, lasciando la poesia in un triste cono d'ombra.

Patrick Modiano, nato nel 1945 da una attrice fiamminga e da un ebreo di origini italiane sfuggito ambiguamente alle persecuzioni naziste, esordisce giovanissimo dal massimo editore francese, Gallimard. Ciò grazie all'amicizia con Raymond Queneau, l'autore di Zazie nel metro , scrittore raffinatissimo e intellettuale straordinariamente influente. Modiano diventerà famoso di colpo, già nel 1968, a ventitrè anni, con un romanzo intitolato La place de l'Etoile , in cui vengono segnati i confini del suo mondo narrativo. La sua fama e la sua considerazione nel mondo letterario italiano non sono mai state molto alte. Mentre in Francia conquista lettori e, in buona misura, anche la critica. A partire da La place de l'Etoile , questo autore con il complesso dell'abbandono e della fuga lavora su una sua ossessione, che ha a che fare con la sua biografia. Ha una infanzia segnata dall'assenza, dall'estraneità, dalla morte del fratello e da rapporti difficili con i genitori, e soprattutto con il padre, come racconterà in Pedigree (Einaudi, 2006). E la sua memoria va a scavare nel tempo appena prima che lui nascesse, in quel «big bang del Male» che è per lui la stagione tragica del nazismo e dell'occupazione di Parigi, rigurgitante di orrori, di delitti impuniti, di mercato nero, di vendette, di tradimenti, di regolamenti di conti. Modiano, anche quando sposta da Parigi l'azione dei suoi romanzi, continua a mettere in scena una umanità opaca, indeterminata, tra realtà e immaginazione, tra storia e sogno. I suoi temi si focalizzano sull'identità e l'assenza, la memoria e la dimenticanza, l'attesa e la sparizione.

Molto significativa è la sua volontà, in Dora Bruder (1997, da noi edito da Guanda), di indagare nella storia di una quindicenne ebrea parigina del cui caso viene a conoscenza da un trafiletto di Paris-Soir del 31 dicembre 1941. La ragazza è scomparsa di casa, i genitori mettono un annuncio per cercare di ritrovarla. Ma Dora tornerà soltanto dopo ben otto mesi, e questa volta la sua scomparsa avverrà per mano delle SS, che la deportano ad Auschwitz, dove il suo nome ricorre nell'elenco degli ebrei francesi uccisi pubblicato da Serge Klarsfeld. Di lei non si saprà più altro se non quello che è riportato nell'annuncio sul quotidiano: il suo indirizzo, la statura, la forma del volto, il colore degli occhi, i suoi abiti. Il tema della memoria è centrale anche in L'orizzonte (Einaudi, 2012), con la figura di Jean Bosmans e la sua ossessione di annotare su un taccuino tutti i frammenti del passato che gli tornano alla mente, in disordine, nella nebbia del tempo, e insieme dettagliati, tormentosi come certi incubi. Mentre ricorda, Bosmans s'interroga: perché quel giorno aveva fatto quella strada e non un'altra, dove sarebbe andato se avesse cambiato, dove lo avrebbe portato quel cammino che non ha scelto? Al pensiero di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, il protagonista viene colto da un senso di vertigine. La vertigine del possibile, dell'ignoto, del mistero del nostro destino di uomini. Quella che non può mai essere estranea a un buon narratore. L'immagine della donna amata e mai dimenticata, Margaret Le Coz, si accosta a quella di amici dal nome (o soprannome?) improponibile: Mérovée, dai capelli rossicci e la voce metallica pronta a dire insolenze, come Gavroche o un dandy, che entrando in un locale ordina sicuro: «Tè e macaron». Qualche anno dopo, il protagonista rivede Mérovée, da lontano, ridotto che gli sembra che batta «il marciapiede per i clienti d'oltretomba».

Modiano, riservato e schivo (qualcuno si chiede se andrà a Stoccolma a ritirare il premio) già vincitore di un Goncourt con Rue des boutiques obscures (1978), autore prolifico sino ai recentissimi L'herbe des nuits (2012) e Pour que tu ne te perdes pas dans le quartier (2014) si

assicura ora il Nobel in quanto scrittore attento alla memoria e ai destini umani, profondamente consapevole che, come in astronomia, la «materia oscura» è sempre più vasta rispetto alla parte visibile, e narrabile, della vita.

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