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Dal rigattiere di parole: "Braca"

Secondo il Deli, “ognuna delle due parti che costituiscono i calzoni”, per questo è un vocabolo usato per lo più al plurale, anche nella variante “braga” (le braghe, appunto)

Dal rigattiere di parole: "Braca"

Secondo il Deli, “ognuna delle due parti che costituiscono i calzoni”, per questo è un vocabolo usato per lo più al plurale, anche nella variante “braga” (le braghe, appunto). La parola è presa pari pari dal latino, dove ha origine celtica. Greci e romani chiamavano così questo ampio indumento in lino o in lana, che copriva dalla vita alle ginocchia, usato dai barbari ma poi adottato largamente ovunque; nel Medio Evo cominciò a essere indossato sotto altri abiti, sempre più aderente, fino a trasformarsi nel XVI secolo nelle cosiddette mutande.

Braca denomina anche la pezza di tela un tempo usata come assorbente igienico per i bambini (quello che oggi è il “pannolino”: che si chiama così non perché sia un diminutivo di panno, ma perché anticamente, prima dell’avvento dell’industria, era costituito da un panno di lino; quando il “pannolano” era invece la coperta di lana da stendere sul letto). Braca o brachetta è anche quella striscia di carta trasparente incollata dai legatori sulle pagine strappate, anticipatrice dei nastri adesivi. Braca è il cavo, la catena o la corda stretta ai lati di un oggetto pesante per sollevarlo (da cui “imbracare”), ma è anche la cintura di sicurezza per gli alpinisti e l’allacciatura di cuoio per “lavoranti, trombaj, muratori quando si calano da una fabbrica o in un pozzo” (Rigutini e Fanfani).

Braca, alla toscana, è anche ciarla, pettegolezzo, e “bracare” significa ficcare il naso negli affari altrui. Un “bracalone” è un uomo sciatto, grossolano, trascurato, al quale, figuratamente, penzolano le brache in malo modo; gli esempi come al solito velenosetti che riporta il Rigutini e Fanfani sono: “Scrittore un po’ bracalone. Critico bracalone”. Il “brachiere” per il Devoto Oli è il cinto per contenere l’ernia, o sospensorio, voce che per il Rigutini e Fanfani nel 1875 è “alquanto vile, meglio cinto”. Dettagliata e un po’ raccapricciante la definizione del Cardinali-Borrelli, che risale al 1846: “Fasciatura di ferro o di cuoio per sostenere gli intestini che cascano nello scroto per crepatura”.

Per il Tommaseo brachiere significa anche “uomo rozzo”, ma è il Devoto Oli a ridare smalto alla parola con una seconda definizione: “Fascia di cuoio per reggere le brache, cinturone. Anche fascia portata alla vita come segno di autorità , onoreficienza”.

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