Sarebbe dovuto essere Sergio Nelli il candidato al premio Strega della Gaffi, dinamica casa editrice romana diretta con mano sicura dal critico letterario Andrea Caterini. Il primo mondo (pagg. 168, euro 14), con la sua sequenza di brevi e brevissime storie, è un miracolo di sintesi e di equilibrio compositivo, realizzato in un genere letterario «impossibile» - il racconto - in cui vige la regola terroristica per cui una parola è poco, e due sono troppe: «Un giorno, ha detto l'amico di mio padre, ti svegli in una stanza che non è la tua, che non conosci. Vale per tutti, non credere. Non solo per quelli che cadono a pezzi». Oppure: «Il mio figlio più piccolo mi è arrivato addosso a gamba tesa, schiacciandomi sott'acqua sul fondo di una piscinetta prefabbricata. Al pronto soccorso un'infermiera vedendomi alzare la testa e il busto per mettermi in piedi mi ha ricacciato giù come fanno i diavoli con i dannati». Stupisce l'assoluta mancanza di tessuto connettivo: Nelli scrive in una prosa fatta solo di ossa e di muscoli, eppure si tratta di pagine nient'affatto laconiche.
Cosa abbiano in comune i racconti di Il primo mondo, all'inizio non è chiaro. Ascoltiamo i pensieri di persone diverse (di ogni età e condizione sociale) sorprese in un istante rivelatore. Si susseguono epifanie, conflitti di coppia e alcuni esempi di sliding doors accanto a disperate bonacce esistenziali: è quasi una lista completa delle realtà che gli scrittori selezionano all'interno del magma della vita, in quanto si prestano alle esigenze del letterario. Ma questo qualunquismo tematico pian piano scompare, lasciando emergere l'ossessione dell'autore: quella per le catastrofi, e di ogni genere: dalle proverbiali, silenziose «piccole catastrofi» che mandano in visibilio i filosofi francesi agli incidenti stradali. Nel mezzo, una quantità di distruzioni domestiche: quando un padre di famiglia inizia ad alzare la voce in casa, per una sciocchezza, la moglie lo conduce in un altra stanza e gli sussurra «trattami almeno come le altre!».
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