Il cuore non basta: Milan eliminato

La squadra di Allegri domina a Londra, ma il tridente non punge e con il Tottenham finisce 0-0. Il Milan è fuoti dalla Champions League. Le cose migliori le fa la difesa. Il tecnico: "Pensiamo al campionato"

Il cuore non basta: Milan eliminato

Il Milan accarezza e sfiora la rimonta, senza arpionarla. In­chiodato allo 0 a 0 a Londra deve arrendersi al verdetto amaro e deludente: eliminato per la ter­za volta consecutiva da un club inglese (Arsenal e Manchester United i precedenti) per via del golletto, in contropiede, conces­so all'andata a Crouch con un contropiede a pochi rintocchi dal gong. Nel primo tempo (Gal­las salva sulla linea) e nella ripre­sa Robinho s'avvicina alla gloria respinto dalla cronaca: non è mai chirurgico come richede­rebbe l'occasione. Il Tot­tenham, per un tempo, trattiene il fiato, cerca di arginare l'atta­c­co rossonero che non ha grande ispirazione in Ibra e neanche abilità balistica in Pato e deve perciò puntare su giocate alla mano, tipo rugby, per arrivare a minacciare la serenità di Go­mes. Allegri non ha granchè da rimproverarsi: prova e riprova, fi­no agli ultimi istanti del recupe­ro (destro di Robinho sopra la traversa), gli Spurs schierano nel finale anche Gareth Bale, una specie di porta-fortuna per liberarsi della morsa italiana che stringe, ma non toglie il fiato e nemmeno la qualificazione ai quarti di finale.

Certo l'esibizione del Milan non è quella della Roma, arren­devole e senza onore in Ucraina, ma il risultato è lo stesso e si può anche spiegare con lo zero (gol) in condotta di Pato in Cham­pions (mai successo prima) e lo zero dell'altro profeta, Ibrahimo­vic, ancora una volta al di sotto del suo standard di rendimento, come spesso gli succede quan­do attraversa i confini del cam­pionato italiano o spagnolo.

Con le unghie il Milan cerca di guadagnarsi lo stretto spiraglio verso i supplementari e oltre a non funzionare l'attacco mitra­glia, è anche il centrocampo a non offrire il naturale sostegno. Non perché Seedorf sia inferio­re alle attese, nel ruolo di guida del settore e del gioco: i suoi recu­peri difensivi sono prodigiosi, ma mancano i suggerimenti, un po' di lanci. Anche perché Boa­teng, recuperato sì, non è al mas­simo della­propria efficienza e in­fatti non contribuisce che a qual­che assalto con la baionetta in canna, senza rammendare il gio­co come si addice a un centro­campista. Il Tottenham un po' si spaventa, un po' reagisce e si tira fuori dal suo guscio per evitare guai e sorprese da una palletta morta, non riesce a creare un so­lo pericolo per la porta di Abbiati ma si tratta di un dettaglio insi­gnificante ai fini del risultato complessivo. I rimpianti e i ri­morsi, quindi, devono risalire al­la sfida dell'andata e a quello sciagurato errore commesso nel finale proprio da Ibra, con la difesa mal posizionata.

A questo punto al Milan non resta che il campionato e anche la coppa Italia, che non sono pro­p­rio due obiettivi di secondo pia­no, almeno in questa stagione contraddistinta dal duello con l'Inter di Leonardo. È una magra consolazione, naturalmente, e la conferma di alcuni giudizi fir­mati dallo stesso Ibra e da Nesta nei giorni scorsi.

Da condividere fino in fondo. Perché ancora una volta il Milan s'arrende a un rivale inglese, ancora una volta esce agli ottavi, ancora una volta smarrisce il sentiero della gloria, intrapreso per l'ultima volta nel 2007.

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