Compie ventanni «Due di due» il romanzo forse più noto di Andrea De Carlo e il suo «papà» ha deciso di festeggiarlo regalandogli una veste grafica elegante, bella carta e caratteri molto leggibili. Oggi De Carlo sarà alla Feltrinelli di via Ceccardi alle 18, per incontrare i suoi lettori e festeggiare il compleanno dellopera...
...che ormai è un classico.
«Lidea era quella di segnare la ricorrenza anche perché non tutti i libri hanno la fortuna di essere eletti continuamente per ventanni. Per questo motivo abbiamo voluto realizzare unedizione ancora più piacevole. Il libro non solo ha ventanni (è stato pubblicato infatti nel 1989 ndr), ma la storia che racconta si snoda nellarco di un ventennio... insomma è un po una doppia ricorrenza».
Il suo romanzo racconta la storia di unamicizia nata sui banchi di scuola, che si sviluppa poi per due decenni successivi, passando attraverso le ansie e le suggestioni di una generazione che attraversa il 68. Insieme ai personaggi sono protagonisti anche i luoghi, come Santa Margherita e Lerici. Che rapporto ha lei con la Liguria?
«La Liguria è un luogo molto importante nella mia infanzia. Ricordo le lunghe estati a Bocca di Magra, un posto bellissimo che mi ha sempre colpito per la differenza con Milano, dove vivevo e dove vivo. Lì trovavo una dimensione naturale, allora era un villaggio di pescatori dove ho sempre trovato una ricchezza linguistica e culinaria di grande rilievo».
Scrittura, fotografia, cinematografia. Tante sono le dimensioni del suo essere artista. Ma cè nè una più congeniale?
«Certamente la scrittura è il linguaggio attraverso il quale mi esprimo meglio, ma mi interessano anche altri linguaggi, la fotografia mi appassiona molto, alcune delle foto che ho realizzato finiscono poi sulle copertine dei miei libri».
Sono passati 40 anni dal 68, ventanni da quando lei lha raccontato in «Due di due»: ha ancora senso oggi parlarne? E se sì, in che modo?
«È stato senza dubbio un momento molto significativo, di cambiamento, una rottura con gli schemi preesistenti. Ma pensandoci oggi, ritengo che la rottura vera sia stata quella immediatamente precedente a quella data: con la musica dei Rolling Stones o di Bob Dylan. Quella vera è stata la rivoluzione culturale, un grande movimento di insofferenza che è poi precipitato verso unideologia politica vecchia, già superata».
Pensiamo allinsofferenza dei giovani di oggi. È la stessa?
«No, oggi è difficile per un giovane trovare un percorso individuale e personale in questa società di consumatori in cui tutto è in vendita. Oggi è difficile anche provare a scoprire contro chi si è».
Tante battaglie vanno in scena in tv. Lei cosa ne pensa?
«Credo che la tv in sé non abbia colpa, ma ce lha in quanto strumento. Come viene usata in Italia mi disgusta e mi fa schifo. Per varie ragioni la tv italiana è controllata dalla politica, e questo non avviene in nessuna parte del mondo, ma il fatto grave è che sembra restare lunica fabbrica di cultura, le viene delegato questo ruolo che non è più né della scuola né del teatro, mentre sono pochissimi quelli che leggono i libri. La televisione determina anche le mode nel vestire. Io non la guardo proprio, mi rifiuto».
A Genova incontra i suoi lettori. Che tipi sono?
«Faccio questi incontri proprio per conoscerli meglio, mi piace. Diciamo che sono persone che mi assomigliano... o forse sono io ad assomigliare a loro. Mi sembrano curiosi, non omologati, il senso prevalente che riscontro è quello di condivisione di uno spirito di ricerca. In quanto alletà alcuni sono miei coetanei, altri sono persone anziane, ma ci sono anche adolescenti».
Un consiglio ai giovani.
«Quello di raccogliere informazioni sul mondo, viaggiare, leggere documentarsi.
E la sua meta adesso?
«Un nuovo romanzo. Ho passato la fase del tormento, sono a quella del pieno avvio. E mi sto divertendo».
I lettori non aspettano altro.
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