Cultura e Spettacoli

Dürer e Cranach Il risveglio della Germania

Nel ’400 il soffio rinnovatore dell’umanesimo raggiunge i paesi nordici dando vita alla grande incisione tedesca

Anche la Germania ha un suo umanesimo artistico. Alla fine del Quattrocento nel sud del paese si sviluppano nuove botteghe d’arte, che cercano un linguaggio adatto alla società contemporanea. Un linguaggio non tradizionale, che possa intervenire in modo efficace nel dibattito religioso e sociale, allora molto vivo. Un importante strumento di divulgazione è l’incisione, che il pittore Martin Schongauer nella seconda metà del secolo aveva portato al livello della pittura. Suo erede in questo senso è Albrecht Dürer (Norimberga 1471-1528), uno dei più grandi artisti tedeschi, considerato da Erasmo da Rotterdam più bravo di Apelle, il massimo pittore dell’antichità classica. Dürer infatti sapeva creare opere splendide solo col bianco e nero, mentre per Apelle ci volevano anche i colori.
Pittore e incisore, figlio di un orafo ungherese di origine tedesca, Dürer, dopo un breve apprendistato nella bottega paterna, dove impara a usare il bulino, lavora tra il 1486 e il 1490 in un atelier specializzato nella litografia. Nei soggiorni a Basilea, tra il 1490 e il 1494, approfondisce le sue esperienze nel campo dell’illustrazione di libri. A Venezia, nel 1494-1495 e nel 1505-1507, entra in contatto con l’arte di Mantegna e dei Bellini. Il risultato è rivoluzionario: le sue immagini sacre, dipinte o incise, perdono ogni ieraticità per diventare umane. Le Madonne, dai volti tondi e realistici, l’espressione viva, dipinte in tavole affollate di personaggi o protagoniste solitarie, sono donne del tempo: chi non rimane incantato da quella Madonna con la pera, firmata e datata 1512 del Kunsthistorisches Museum di Vienna? I ritratti, altro genere fondamentale per il pittore, colgono la psicologia degli effigiati. Mercanti e finanzieri compaiono con i loro caratteri. E gli autoritratti? Chi può dimenticare lo sguardo chiaro e carismatico, i lunghi capelli ondulati, la bocca carnosa e il naso duro di quel bel ragazzo tedesco che è il Dürer del Prado, del Louvre o di Monaco? Anche il paesaggio assume nuova importanza con le raffigurazioni ad acquerello dei dintorni della sua terra. La natura diventa protagonista persino con i più piccoli insetti, trattati con la minuzia di un orafo.
Matthias Grünewald (Würzburg 1475 circa-Halle 1528) alle teorie scientifiche di Dürer preferisce le visioni mistiche e terrificanti, realizzate con colori sorprendenti. Non molte sono le notizie sul pittore, il cui vero nome, Mathis Gothardt-Nithardt, è stato scoperto solo di recente. Attivo a Francoforte dai primi anni del Cinquecento, dal 1511 risulta al servizio dell'arcivescovo di Magonza, ma nel 1526 il rapporto si interrompe, forse perché l’artista viene sospettato di simpatie luterane. Tra il 1512 e il 1515 Grünewald aveva realizzato il grande polittico per la chiesa del convento di Sant’Antonio a Isenheim, suo capolavoro. Le braccia di Cristo, livido e sanguinante, sono tese sino allo spasimo, il perizoma stracciato, le pie donne e san Giovanni straziati, il fondo cupo. L’originalità sta nella nuova interpretazione del messaggio cristiano, reso concreto attraverso forma e colore, spazio e movimento. Cristo è vittima di una grande crudeltà, i piedi inchiodati, descritti con un realismo che precorre la «nuova oggettività» del XX secolo.
Altro grande pittore e incisore tedesco è Lucas Cranach il Vecchio (Kronach 1472-Weimar 1553) che, dopo l’apprendistato nella bottega paterna nella città natale, raggiunge Vienna, dove comincia la propria attività. Abile ritrattista, dipinge soggetti sacri in paesaggi fiabeschi, che influenzeranno la scuola danubiana. Attivo dal 1504 per i duchi di Sassonia, decora i castelli di caccia di Coburgo, Lochau e Torgau con scene di gusto fantastico.


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