Daniele Gatti, suoni preziosi tra senso estetico e sacralità

Daniele Gatti, suoni preziosi tra senso estetico e sacralità

Settimana Gatti, a Milano. Un concertone con due atti d'opere verdiane per festeggiare i 50 anni della Mondadori, scioperesente; e adesso, con la Filarmonica della Scala, per il Museo Diocesano milanese, nella risonante basilica di Sant'Eustorgio, con i Quattro pezzi sacri di Verdi e la Quinta Sinfonia di Beethoven. Daniele Gatti ha la rara, preziosa qualità di unire il senso estetico al senso del sacro senza mettere l'uno al servizio dell'altro, ma cercando in profondità risonanze e ragioni. Musicista preparato a fondo, compie analisi attentissime delle partiture.

Così, la sua lettura verdiana non annacqua il tormentato mistero della religiosità contraddittoria, che si esprime anche nel rovello e nella veggenza d'un vecchio affacciato sul linguaggio del Novecento; e in Beethoven affrontato con gran decisione ci sono conquiste e stupori. Non aggredisce, ma convince con la sua forte presenza. «Più gattone che felino», commentava ieri uno spettatore giocando sulle parole; ma lo diceva con affetto.

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