Roma - Il premier Romano Prodi avverte ministri ed alleati. È pronto ad usare «il bastone» con chi metterà a rischio la coesione dell’Unione sparandole troppo grosse ma nessuno sembra prestargli ascolto. La maggioranza di centrosinistra è oramai un cavallo imbizzarrito che si rifiuta di rientrare nel recinto. E infatti sui Dico, il ddl sulle convivenze, le esternazioni continuano.
Il ministro per la Famiglia, Rosy Bindi, si autoassolve dall’accusa di sfasciafamiglie che il mondo cattolico le ha scagliato contro dopo che ha firmato, insieme con la collega delle Pari Opportunità, Barbara Pollastini, il ddl sulle coppie di fatto. «Da cattolica posso dire di avere la coscienza a posto perché con serenità sostengo che non potevamo fare altrimenti - dice la Bindi -. Come cattolici impegnati in politica dobbiamo porci il problema della laicità dello Stato e proprio perché cattolica so benissimo di essere ministro anche di bestemmiatori. Lo Stato fa le norme per tutti i cittadini e non per una sola parte». La Bindi poi accusa i teodem, ovvero l’ala cattolica del suo partito, la Margherita, di aver «provato a far del male a questo governo e al Partito democratico» servendosi dell’«arma impropria» dei Dico per «affossare Prodi». Nel mirino della Bindi la senatrice Paola Binetti che dopo le dimissioni di Prodi avrebbe proposto «Ritiriamo i Dico e cambiamo maggioranza», per aprire ai centristi dell’opposizione.
Ma la Bindi sembra ignorare che non ci sono soltanto i teodem dentro la maggioranza a criticare i Dico. Sempre in prima fila contro il riconoscimento delle convivenze c’è pure il ministro della Giustizia, Clemente Mastella (Udeur), preoccupato per il rilancio del ddl dopo le dichiarazioni dello stesso Prodi e del vicepremier, Massimo D’Alema, a sostegno del ddl. Mastella ribadisce il suo no e anticipa che «a squillo di trombe risponderemo con le campane visto che il motivo è religioso», ricordando pure che sui Dico lo stesso premier ha lasciato libertà di coscienza e dunque su questo punto «non è a rischio il governo».
Buona parte della sinistra però sull’approvazione dei Dico si è giocata la faccia. Ad esempio il leader della Quercia, Piero Fassino, che di nuovo ribadisce che la maggioranza è intenzionata «ad arrivare a una soluzione e non rinviarla sine die». Se Fassino cerca di imprimere un'accelerazione in Parlamento al cammino dei Dico è abbastanza curioso che sua moglie Anna Serafini, senatrice diessina, osservi che «la vera priorità sono gli asili nido per i bambini» e non le coppie di fatto. Ed è proprio Palazzo Madama che si occuperà di Dico a partire da martedì in Commissione Giustizia.
In Senato ci penserà Rifondazione a non far cadere il ddl nel dimenticatoio. «Prodi fa benissimo a ribadire che i Dico non sono affatto morti - dice il capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena - Perché questa battaglia di civiltà abbia successo è di vitale importanza che la società civile si faccia sentire, per questo i senatori del Prc hanno aderito alla manifestazione del 10 marzo, che dovrà inviare un segnale inequivocabile di cosa, al di là degli schieramenti politici, vogliano davvero i cittadini italiani».
Dunque il confronto si allarga dal Parlamento alla piazza perché gli opposti schieramenti chiamano alla mobilitazione i propri sostenitori. Sulla manifestazione organizzata dalle associazioni gay il 10 marzo a Roma si concentra l’attenzione dei sostenitori dei Dico, pronti a contare amici e nemici.
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