Diritti umani E dopo 43 anni un presidente Usa incontra i generali birmani

Iran e San Suu Kyi. Sono stati questi i due temi che ieri hanno sottratto tempo e attenzioni alle questioni economiche sul piatto durante il vertice Apec di Singapore. Per la prima volta dopo 43 anni un presidente statunitense ha parlato al capo della giunta militare birmana: Barack Obama gli ha chiesto la liberazione della leader dell’opposizione San Suu Kyi. D’altro canto Obama è riuscito anche a strappare al presidente russo Dmitry Medvedev una linea più dura sull’Iran, proprio nel giorno in cui il presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, ha paragonato Obama a Bush («dopo un anno di discorsi e slogan senza fondamento è un disonore vedere che il comportamento e l’atteggiamento di questo presidente non siano migliori del suo predecessore»).
Ieri il presidente americano ha rivolto direttamente al premier birmano Thein Sein l’esortazione già pronunciata il giorno prima a Tokyo: liberate Aung San Suu Kyi e in cambio l’America toglierà le sanzioni contro di voi. La richiesta sulla liberazione degli oltre duemila prigionieri politici e della donna non è però confluita nella dichiarazione comune del summit, che si limita a raccomandare lo svolgimento «in modo libero, giusto e trasparente» delle elezioni del 2010.
Quanto all’Iran, per entrambi i leader di Casa Bianca e Cremlino, «il tempo sta per scadere». «Siamo pronti a spingerci più in là» per assicurare che il programma nucleare abbia unicamente fini pacifici, ha alzato i toni Medvedev.

«Se falliamo» negli sforzi diplomatici «altre opzioni rimangono aperte», ha aggiunto. A conferma di un unisono sempre più forte con il nuovo corso di Washington, il presidente russo ha ribadito la speranza di concludere con gli Usa entro dicembre un nuovo accordo sul disarmo nucleare.

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