Domenicale promosso, lunediale bocciato

Caro Granzotto, ho da molto tempo un problema che desidero sottoporle: mi può dare spiegazioni sulla parola «domenicale»? Sento spesso, frequentando la mia Parrocchia, la frase: «La S. Messa domenicale». Secondo me la parola non potrebbe esistere, sempre secondo me l’ha inventata alcuni anni fa Trapattoni (la partita domenicale). Mi dica chiaramente se è possibile pronunciarla. Se mi risponde di sì, sono autorizzato anche a dire «lunediale», «martediale», «mercolediale» e così via?


Le rispondo di sì, caro Varischi: l'uso di «domenicale» è legittimo (ma ciò non l'autorizza a dire «lunediale» o «martediale», seppur, come vedremo in seguito, su «lunediale» ci si può metter d'accordo). I fatti: domenica viene dal latino dies dominicus e sta per «giorno dedicato a Dio». Domenicale viene da dominicus, a, um, ovvero «del Dio, del Signore» e del domine nel senso di signore senza la esse maiuscola. Dominicale è dunque anche ciò che è proprio, che si riferisce al signore, al padrone, tant'è che ancor oggi «parte dominicale» e «reddito dominicale» indicano la quota del reddito di un bene che spetta al proprietario. Di tal genere, laico, è la «domenical fidanza» di Dante (Inferno, XXXII Canto), quella cioè che il signore ha nel suddito. Se «domenicale» si riferisce primariamente alla domenica, a ciò che si fa o che accade di domenica (e quindi «partita domenicale» non è invenzione del Trap, ma come le è venuto in mente?), l'aggettivo ha una sfilza di altri significati. Domenicale vale per abito delle feste (recita il proverbio: «Chi porta sempre il domenicale, o è ricco, o sta male». Che col socialismo divenne «o è un maiale»); vale per giornale che si pubblica la domenica (Il Domenicale di Angelo Lorenzo Crespi); vale - nella dizione «lettera domenicale» - come parte del calendario ecclesiastico; vale, riflettendo l'atmosfera festiva della domenica, per indicare gaiezza o pace o il mettersi in ghingheri.
Domenicale è anche il velo col quale le donne usavano coprirsi il capo una volta in Chiesa. Domenicante era aggettivo in voga negli anni Venti-Trenta per indicare chi, il giorno della domenica, è uso distrarsi facendo gite, escursioni, colazioni sull'erba (oggi lo si direbbe weekendiere). Domenicata è la festosa gazzarra della domenica. Oltre a definire il religioso dell'ordine dei Domenicani, domenichino indica (indicava) il cameriere assoldato solo per il surplus lavorativo della domenica, giorno deputato agli inviti a colazione e alle merende sinoire. Un CoCoCo antelitteram, insomma. Penso che ciò basti per coinvincerla, caro Varischi, della assoluta legittimità linguistica di «domenicale». In quanto a «lunediale», se così com'è non compare nel repertorio della nostra lingua, vi appartiene nelle forme «lunediare», «lunediante» e «lunediana». Con lunediana si definiva un tempo il lunedì festivo di categorie di lavoratori che lavoravano la domenica. Lunediante era quindi colui per il quale il lunedì era domenica. E il bellissimo lunediare stava ad indicare - ma potrebbe indicarlo tutt'ora - chi fa festa, oltre che la domenica, anche il lunedì.

Niccolò Tommaseo riportò questa ballata della lunediante: «Lunedì lunediai, martedì non lavorai, mercoledì persi la rocca, giovedì la ritrovai, venerdì la inconocchiai, sabato mi lavai la testa, e domenica era festa» (potrebbe prenderla a modello l'onorevole professor Pietro Ichino, il volenteroso che propose di licenziare gli impiegati statali lavativi).
Paolo Granzotto

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