Domingo alla Scala infilza i conformismi

Il grande tenore vestirà i panni dello spadaccino più celebre della Storia nella commedia di Edmond Rostand messa in musica nel 1936 dal compositore Franco Alfano

Placido Domingo. Per presentarlo bastano due parole: «Il Tenore» (è anche direttore d’orchestra e direttore generale dei teatri di Washington e di Los Angeles). Sarà lui a incarnare Cyrano de Bergerac, ruolo centrale dell’omonima opera di Franco Alfano (il quale nel 1936 inviò una copia del suo spartito a Mussolini, un gesto obbligato ma compiuto anche per sottolineare l’italianità dell’opera che, in realtà, presenta non pochi francesismi) su libretto di Henri Cain che a sua volta si ispirò a Rostand. È un titolo negletto, del 1936, ai margini del repertorio corrente ma capace di riscaldare il cuore di un cantante così curioso da sfiorare la bulimia musicale.
Perché «Cyrano» è una riscoperta di Domingo che s’imbatté in questa commedia eroica in quattro atti durante una visita alla Ricordi di Milano. Domingo decise che quello sarebbe stato il suo 121° ruolo. E così fu. Battesimo al Met di New York che allestiva l’opera nel 2005 in coproduzione con il Covent Garden di Londra, e «Cyrano» diventava subito un prodotto d’esportazione.
Ora tocca alla Scala accogliere il titolo assente da ormai mezzo secolo, lo farà da oggi al 15 febbraio. Sul podio, Patrick Fournillier, alla regia Francesca Zambello, le scene sono di Peter Davison e i costumi di Anita Yavich. Inutile dire che all’arrivo della stella-Domingo, sbiadisce lo stesso Alfano e quanti lavorano alla sua opera. Chissà che accada la stessa cosa all’altro Cyrano in circolazione, ripescato nel 2003 da Roberto Alagna, il tenore la cui fama probabilmente resterà legata alla fuga dal palco del Piermarini in risposta ai fischi raccolti dal suo Radames (Aida 2006).
Il tema dell’opera è la nobiltà d’animo di Cyrano disposto a lasciare il campo libero al concorrente in amore, Cristiano. Non solo, gli suggerisce parole per lettere d’amore, si sostituisce nel canto all’impacciato rivale che però alla fine sposa la bella Rossana. Di fronte a un Cyrano in punto di morte, Rossana scoprirà d’aver amato in Cristiano l’uomo dal grosso naso incontrato in gioventù, Cyrano. «È un’opera segnata da alti e bassi, ma con momenti veramente intensi: il finale è splendido», ci ha spiegato Domingo che di quest’opera apprezza il giusto equilibrio tra lo sfogo melodico della più pura tradizione italiana e le armonie avanguardiste che collocano Cyrano nel suo tempo, il Novecento.
E Domingo non solo ben conosce il Novecento, ben si destreggia tra i prodotti del nuovo millennio. È un anti-routinier, impagabile curioso che afferma di aver «bisogno di tre vite per poter realizzare tutto ciò che ho in testa», e a 67 anni compiuti (il 21 gennaio scorso, proprio durante le prove scaligere) non smette di testare titoli scritti apposta per lui.


Nel 2006 ha tenuto a battesimo «Il primo imperatore» di Tan Dun, al Metropolitan di New York, il prossimo luglio dirigerà a Parigi la prima assoluta di «Fly», opera tratta da un romanzo di George Langelaan e divenuta film horror fra le mani di David Cronenberg. Così come nel 2009, a Los Angeles, sarà impegnato in una nuova opera, «Il Postino»: ruolo del titolo a Rolando Villazon, e Domingo nei panni di Pablo Neruda.

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