Il dramma degli umili nella grafica di Käthe

La Kollwitz (1867-1945) è considerata fra le interpreti più intense del Novecento tedesco

Francesca Amè

L’artista Käthe Kollwitz (1867-1945) era diversa dalle donne della sua epoca. Grazie a due genitori anticonformisti, da piccola venne educata alla pari di un maschio e poiché le accademie d’arte non ammettevano il gentil sesso, al suo cospetto sfilarono i migliori maestri privati che il regno di Prussia poteva offrire. Non fu inutile: Käthe Kollwitz è oggi considerata una delle più intense interpreti della grafica tedesca novecentesca e anche Berlino si è scomodata per dedicarle un museo.
Palazzo Leone da Perego, a Legnano, compie ora una felice operazione che segnala la città (alla pari di Lissone e Monza) tra le più culturalmente attive nella cintura milanese: porta infatti per la prima volta in Italia una sezione significativa dell’opera grafica dell’artista tedesca secondo un percorso espositivo studiato da Flavio Arensi e da Micaela Mander, curatori anche del bel catalogo Silvana editoriale, unica recente pubblicazione italiana sull’artista. Una settantina i lavori grafici presentati in «Käthe Kollwitz» (sino al 25 giugno, ingresso libero), un viaggio nei sogni, anzi negli incubi di questa donna che lottò prima per la sua affermazione e poi contro la guerra, il nazismo, la perdita di un figlio. Le sue non sono opere slegate l’una dall’altra, ma cinque cicli cui Kollowitz lavorò instancabilmente per anni. Attenta alle situazioni di sofferenza in Germania sul finir dell’Ottocento, la giovane Käthe concentrò il suo occhio e la sua mano sulle categorie più umili: sono gli anni delle acqueforti «Una rivolta dei tessitori», che tanto scandalizzò i benpensanti, o del commosso omaggio al mondo rurale dei secoli passati. «La guerra dei contadini» è un ciclo di grafiche ispirato alla storia dei lavoratori di terre che si ribellarono ai signorotti locali, ma prelude senza troppi sottintesi ai malesseri della società contemporanea all’artista. I critici definiscono lo stile della Kollwitz un «espressionismo realistico a sfondo sociale», intendendo con questo l’intensità quasi drammatica del suo disegno che ritrae gli umili: le persone, come ne «L’assalto», appartenente al ciclo storico dedicato alla guerra dei contadini, sembrano correre fuori dal foglio insieme al tratto nervoso dell’autrice. Al visitatore di oggi colpiscono, per la modernità dei temi e per l’originalità del disegno, le xilografie del ciclo «Guerra», realizzate a cavallo tra il 1922 e il 1923. Käthe Kollwitz fu una strenua pacifista ai tempi di Guglielmo II, ma in questo ciclo artistico c’è qualcosa di più del mero impegno sociale. La donna si misurò con il lacerante dolore della perdita del figlio e allora è impossibile non scorgere nella «mater dolorosa» ritratta ne «Il popolo» una sorta di autoritratto. Scuro e muto. Non sarà l’ultimo dei dolori: nonostante i successi delle sue esibizioni (che sapeva ben coniugare con la vita in famiglia), l’imperatore tedesco le rifiutò la medaglia d’oro e fu introdotta all’Accademia prussiana delle arti solo nel 1919.

Fu in conflitto con il potere anche durante il nazismo: il regime non osò mai attaccarla pubblicamente (era troppo stimata), ma la invitò al silenzio, che lei interruppe solo con 4 fogli. «Tod» è il titolo dei disegni. In tedesco significa morte.

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