(...) Perchè, nei giorni de La storia in piazza, ho visto tantissima gente di tutte le età correre ad ascoltare storici, bambini divertirsi a costruire mappamondi pre-Yalta con tessuti di tutti i colori, ho visto golosi appassionarsi alle ricette risorgimentali proposte dai banchetti di Casale Monferrato e ho visto ragazzi entusiasmarsi nella gara ad azzeccare il maggior numero di definizioni possibili al cruciverbone o di anagrammi sui muri. Ho visto cose che, da genovese, non avrei mai pensato di vedere.
Tutto negli stessi cortili del Ducale che, fino a pochi anni fa erano appannaggio dei clochard nel migliore dei casi, ma più spesso dei punkabbestia, con tanto di cani al seguito. Certo, poi, il telone con il logo della manifestazione che copriva lingresso, come ha già notato la nostra lettrice Roberta Bartolini, pareva piuttosto lugubre anche a me. Ma qui parliamo di gusti di arredamento, non di politica culturale.
Poi, certo, tutto è perfettibile. Io stesso, così come avevo consigliato di invitare Marcello Veneziani, una voce che mi è sembrata in grado di arricchire il parterre dei relatori, ho immediatamente suggerito a Luca Borzani di pensare per la prossima edizione anche ad altre voci moderate, come Sergio Valzania e Giordano Bruno Guerri, due fuoriclasse dellaffabulazione, oltre che della storia.
Ma credo, fortemente credo, fortissimamente credo, che manifestazioni come La storia in piazza meritino senzaltro una seconda edizione e che, anzi, possano solo crescere se ci si lavora insieme. Ma partendo dal presupposto che si sono riempite sale e piazze parlando di storia e della nascita delle nazioni, mentre fino allo scorso Capodanno si svuotavano le piazze con artisti di ignota reputazione il cui massimo titolo era quello di aver cantato Bella ciao una volta a piazza San Giovanni.
Il festival dei comici - al netto di Pupi Avati - non piace nemmeno a me. Ma credo che ignorare che, anche grazie al Giornale, a Luca Borzani, a Sergio Maifredi, a Genova non cè più una monocultura, sia ingeneroso. Così come non credo che, ad ogni convegno, occorra introdurre il dibattito fra favorevoli e contrari. Se qualcosa non ci piace, ci alziamo e ce ne andiamo.
Ma, per quanto mi riguarda, pensare che - dopo le lezioni della Fondazione Garrone sulla storia di Genova - il Ducale si sia di nuovo riempito per parlare di storia, per me è una gran bella storia.
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