Dicono che sarà il «clan dei calabresi» a consegnare a Gianfranco Gadolla lo scettro di presidente provinciale di An che oggi è di Alfio Barbagallo. Ce ne sono almeno due, fra i «traditori», entrambi consiglieri comunali. Uno è Aldo Praticò da Reggio Calabria, «la comunità dei miei concittadini mi segue compatta» ama ripetere, sono almeno due anni che lavora per fare «largo ai giovani», là dove la soglia della giovinezza comprende i 40enni come lui. Laltro è un militante di lungo corso e molti voti come Giuseppe Murolo. Che ammette: «Io traditore? Sì, sono un golpista. La classe dirigente del partito a Genova va rinnovata, e serve una collegialità nelle scelte che con Barbagallo non cè».
Annotano i dietrologi come nella voglia di cambiamento abbia pesato anche la tappa genovese di Francesco Storace, lui che non le mandava a dire a Gianfranco Fini, al suo tavolo Gianni Plinio il capogruppo in Regione e Giorgio Bornacin il senatore che di Barbagallo sono i referenti. Così, ad aver tradito sarebbero stati loro, non gli altri. «Ma io credo siano stati fraintesi - avverte Murolo -. La verità è che qui a Genova la questione non è ideologica, le tesi del congresso non sono quella di Fini contro quella di Storace. Semplicemente ci stiamo domandando se questi cinque anni di gestione Barbagallo siano stati positivi o negativi. Considerato che quando ha preso la segreteria eravamo al governo della Regione con Plinio vicepresidente e ora siamo allopposizione con Plinio consigliere, per noi questi anni sono stati negativi».
Dice Barbagallo che «vincerò con il 70 per cento». Ribattono i suoi detrattori che finirà al contrario: due terzi-un terzo, sì, ma per Gadolla. Lui, lo sfidante, giura di non avere certezze invece, e infatti, segnala, «ho già iniziato lopera di convincimento, perché nelle conte interne con la gente ci devi parlare, e convincerla che la tua proposta è la migliore».
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