E intanto spopolano i cloni di Peter Gabriel

Dalla fine degli anni Ottanta i Musical Box portano in giro il repertorio storico dell’artista. Il 17 e il 20 saranno in tournée a Roma e a Milano

da Roma

A volte il talento (e il conseguente successo) nascono da una frustrazione. È il caso di alcuni ragazzi canadesi che, alla fine degli anni Ottanta, decidono di organizzarsi per riprodurre e quindi «godersi» uno spettacolo che gli evidenti motivi anagrafici hanno impedito loro di gustare al momento giusto. Lo spettacolo in questione è quello offerto dai Genesis nella loro prima formazione. Una breve e intensa stagione che però ha fatto la storia (migliore) del rock progressive. La frustrazione provata da Denis Gagné e Sébastien Lamothe dei Musical Box è tanta. Possono ascoltare i dischi di Gabriel e compagni. Ma non possono fare altro. «Sì - raccontano i due - c’erano in giro delle cover band. I risultati, però, erano pessimi. I pochi video in circolazione, tutti amatoriali e inguardabili».
La cifra dei Genesis è unica. Lamothe e Gagné se ne rendono conto. Tra le tante band che hanno caratterizzato la stagione del rock progressive, i Genesis vantano infatti uno stile elegante e peculiare. Alla partitura complessa e alla creazione di veri e propri concept album (una primizia per l’epoca) affiancano una teatralità vistosa sul palco e un’attenzione alle radici del folk britannico. Insomma, per replicare quegli eventi c’era bisogno non solo di autentica passione ma di un virtuosismo fuori dal comune. Ed è così che nasce il «fenomeno» dei Musical Box, cui sta davvero stretta l’etichetta di cover band. Dal ’90 a oggi hanno girato il mondo con tour ad alto budget. Sono diventati in breve tempo dei «professionisti della nostalgia». Sono quasi vent’anni, ormai, che girano il mondo offrendo spettacoli che hanno come semplice ma ambizioso obiettivo di riprodurre quei concerti che non hanno visto. Per ottenere questo risultato hanno fatto lunghe e dettagliate indagini. Arrivando a bussare anche alla porta di Peter Gabriel e compagni. Ed è così che hanno potuto giovarsi non solo dei fantasiosi costumi usati da Gabriel ma anche di un antico liuto con cui si esibiva Steve Hackett e della back line (mixer del suono e delle luci) usata dal gruppo inglese nei primi anni Settanta. I risultati parlano da soli: la fila fuori dai teatri e dalle sale da concerto è sempre lunga. E il pubblico (composto non solo dai quarantenni nostalgici ma anche da giovanissimi pieni di curiosità) è disposto a spendere anche 75 euro per assistere alle loro esibizioni. Lamothe e Gagné non vogliono, però, sentir parlare di nostalgia. «Semplicemente riportiamo in vita qualcosa di meritevole e geniale». Dalla frustrazione al paradosso, però, la strada è breve. Sul palco il rock è libertà espressiva, emozione. I Musical Box, invece, sono «condannati» a rispettare un dettato già scritto e nel più rigoroso dei modi, quasi fossero degli orchestrali alle prese con uno spartito di Wagner. «Se questi scrupoli filologici - replicano i due - fanno di noi dei musicisti classici, allora quella che suoniamo è musica classica».

L’ultima tournée dei Musical Box sta registrando il tutto esaurito in giro per l’Europa (sarà in Italia a partire dal 17 per due date: Roma, al teatro Tendastrisce, e Milano, il 20 al Teatro Diner della Luna). Un’occasione doppiamente imperdibile, visto che probabilmente sarà l’ultima dei Musical Box.

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