Mitica. Quella partita Italia-Brasile finita 3-2, che spalancò alla nazionale azzurra la strada verso il titolo mondiale, è davvero entrata nel mito.
Nel 1982 aveva otto anni, il palermitano Davide Enia quando, insieme a tutta la famiglia davanti alla televisione, si apprestava a vedere quella partitissima. E proprio il ricordo di quella serata è il tema dello spettacolo che andrà in scena domani sera alle 21 al teatro Gustavo Modena. Il titolo, e non poteva essere diversamente, «ItaliaBrasile 3 a 2».
Per la narrazione Enia ha scelto la metrica e l'impianto difficile del «cunto» - l'antica arte fabulatoria siciliana - perché Bruno Conti e Paolo Rossi possono benissimo essere raccontati come Orlando e Rinaldo: combattenti, invincibili eppure fragili, stanchi ma indistruttibili.
In scena insieme a due musicisti, Giulio Brocchieri e Fabio Finocchio, che accompagnano il racconto punteggiandolo musicalmente, Enia muove da un breve riepilogo dei fatti accaduti quell'anno: da Vasco Rossi a Sanremo all'omicido La Torre, dal prezzo della benzina all'avvento del colore nella tv di casa. Proprio attorno ad un nuovo e bellissimo Sony Black Triniton il 5 luglio 1982 si raccoglie la famiglia del protagonista: ognuno con i propri riti, con le proprie scaramanzie, con i propri gesti. Tutti lì, pronti, per assistere all'incredibile scontro: l'Italia contro i marziani brasiliani. Ogni spettatore è responsabile, co-protagonista della partita, e guai se non esegue al meglio il proprio compito: «Se abbiamo vinto è anche merito nostro» dice Enia.
E lo spettacolo è un coinvolgente gioco a incastro: si moltiplicano i racconti, seguendo la trama delicata della partita. Il narratore evoca il clima, le azioni, le difficoltà di quello scontro: con minuziosa ricostruzione tornano a vivere le gesta del quarantenne Zoff, del «bellissimo» Antonio Cabrini, del «generoso» Ciccio Graziani, ma anche di Falcao, Socrates, Oscar... Nomi entrati nella leggenda: eroi, appunto, di una stagione ormai lontana. Poi, come in un gioco di scatole cinesi, dal racconto scaturiscono altri racconti, come quello del brasiliano Garrincha, dalle gambe di lunghezza diversa, o quella - davvero leggendaria - del portiere Tusevich, fucilato dai nazisti proprio sulla bianca linea di porta.
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