Gli investitori europei continuano a incrementare nei portafogli la loro esposizione alle materie prime. In base ai dati disponibili, nel primo trimestre 2017 gli investimenti in etf specializzati sulle commodity sono ammontati a 1,3 miliardi di dollari, una cifra che si avvicina all'intero controvalore investito nel 2016 (pari a 1,8 miliardi di dollari), che peraltro è stato un anno molto positivo per quanto riguarda le materie prime.
«Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un ritorno di interesse verso le materie prime come elemento di diversificazione dei portafogli. È una scelta comprensibile se pensiamo alla bassa correlazione tra le commodities e i mercati azionari e obbligazionari, e ancora di più ora che le valutazioni di alcuni mercati azionari iniziano a essere elevate», ha commentato Stefano Caleffi, responsabile di Source per il Sud Europa, ricordando come gli investitori in Italia possano acquistare facilmente etf specializzati sulle commodity sul circuito di Piazza Affari, con un costo totale pari allo 0,40% annuo (di cui 0,19% per le commissioni correnti e 0,21% per le commissioni di swap).
Ma quali sono le aspettative per le materie prime nei prossimi mesi? Per David Donora, responsabile materie prime di Columbia Threadneedle Investments, stanno emergendo diversi fattori favorevoli al rialzo delle quotazioni. Tra le principali, l'esperto indica il tetto alla produzione del petrolio da parte dei paesi Opec (e anche non Opec come la Russia), gli scioperi nelle maggiori miniere di rame del mondo e il rafforzamento della crescita a livello globale. Per Donora le prospettive più positive riguardano i metalli di base ma anche le quotazioni del greggio dovrebbero riprendere la strada del moderato rialzo nei prossimi mesi. A questo proposito, gli analisti di Ubs specializzati sulle materie prime ritengono che i tagli alla produzione possano causare una netta riduzione delle scorte di greggio dei Paesi Ocse, mantenendo alti i prezzi. I professionisti di Ubs si aspettano che il Brent registri un recupero sopra 60 dollari il barile a 3 mesi, mantenendosi stabile su questo livello a 6 mesi, per poi scendere a 57 dollari il barile a 12 mesi a causa della ripresa della produzione di shale oil statunitense e dell'aumento dell'offerta dei Paesi Opec. Per l'oro, invece, gli esperti di Ubs si aspettiamo che, nei prossimi mesi, l'incertezza in merito agli sviluppi geopolitici e alle politiche pubbliche continui a prevalere, e i tassi d'interesse reali Usa a breve termine rimangano negativi: due fattori positivi per l'oro.
Anche il ribasso del dollaro dovrebbe sostenere le quotazioni aurifere nel corso dell'anno: un contesto generale favorevole che potrebbe portare le quotazioni a 1.300 dollari l'oncia.
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