Roma - Si affievolisce lungo la strada, la novella veltroniana. Dal salottino buono democratico ai rudi cantieri della sinistra, la voce si perde nel vuoto.
Tanti auguri, sei nu bravo guaglione, amici come prima. O «ex », come nel caso di Cesare Salvi. Soddisfatto del discorso di Walter: «Veltroni ha rafforzato il nostro convincimento, non soltanto di non entrare nel Partito democratico, ma anche di dare vita a una grande forza della sinistra in Italia». Un discorso «ideologicamente vecchio» lo bolla il capogruppo della Sinistra democratica al Senato. E non tanto perché siano cambiate anche alcuni punti di riferimento (De Gasperi), quanto perché Veltroni pare richiamarsi al «blairismo proprio mentre Blair esce di scena». Il ragionamento di Salvi condensa la sensazione agro-dolce connessa alle relazioni tra il nuovo candidato leader del Pd e la Sinistra alternativa. «La capacità della politica è di dare risposta ai problemi contemporanei, e non è con queste generiche forme che si dà risposta: si conferma che il Pd non sarà nel socialismo europeo, c’è una proposta di riforma istituzionale in senso presidenzialista anch’essa vecchia, mentre oggi la crisi della politica è crisi di partecipazione e consenso dei cittadini, non crisi di decisionismo».
Insomma, «noi siamo un’altra cosa». È sulla facile differenziazione dal veltronismo anche ogni commento che arriva da Rifondazione, nonostante (forse proprio per) la benevolente accondiscendenza dichiarata da Bertinotti nei confronti del giovane Walter, così incline a occuparsi degli ultimi della terra. Già, ma in che modo? Con belle frasi e scarso ancoraggio alla scomoda realtà. «A questo Paese serve una forza politica che stia sulla dimensione dei bisogni delle persone», per dirla con il capogruppo dei deputati prc, Gennaro Migliore. «È un leader autorevole e significativo - si sforza Franco Giordano -, di un partito che ha il profilo di una forza moderata». Le differenze «ci sono e rimangono», constata Giordano. E invita Veltroni, casomai volesse conquistarsi la leadership dell’Unione, nelle secche di un «confronto con le culture e i programmi delle sinistre all’interno di un grande percorso di partecipazione democratica».
Non spaventa l’alleato Walter. «Se ci spaventassero gli alleati saremmo davvero in cattive acque», scherza Migliore. Ma se il Pd «è per una società interclassista», Prc vuole lavorare a «dare una rappresentanza ai giovani precari, ai lavoratori, ai pensionati». Stesse note suona il capogruppo dei deputati pdci, Pino Sgobio, che rimprovera a Veltroni «l’errore di presentare le pensioni come uno scontro tra generazioni» e l’aver dimenticato che «la priorità è il lavoro di qualità». Auguri arrivano dal capogruppo dei Verdi alla Camera, Angelo Bonelli, che con gusto vagamente ironico manifesta soddisfazione per l’inserimento dell’«ambiente e del clima nelle previsioni programmatiche del Pd». Peccato però che «sino ad oggi il Pd ha proposto carbone, il ritorno al nucleare, un maggiore consumo del suolo e della aree agricole». Pronti a confrontarsi nei fatti con Veltroni, conferma Pecoraro Scanio, a patto che sappia «far valere nel Pd ciò che sino ad oggi non si è verificato, perché un Rubbia o un Gore che dicono no al carbone sono lontani mille miglia dall’attuale gruppo dirigente del Pd».
Mille miglia è la lontananza, per ora, dal cantiere socialista. Il segretario Enrico Boselli apprezza che Veltroni «abbia cercato di dare un’anima a un partito che non ce l’ha». Nonostante l’appello veltroniano, i socialisti ritengono che «un conto sia il leader, un altro il partito che sta nascendo, con forti componenti integraliste e clericali».
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