Nei giorni scorsi a Napoli si sono registrati duri scontri sotto le cataste di rifiuti, con le forze dell'ordine e i vigili del fuoco impegnati a spegnere i fuochi appiccati ai cassonetti dai cittadini esasperati. Il neo sindaco De Magistris ha promesso la risoluzione immediata del problema senza l'utilizzo degli odiati inceneritori. Il suo piano contro l'immondizia presentato nei giorni scorsi era commovente per quanto era ingenuo: dal «rafforzamento del divieto di vendita di frutta con fogliame» fino all'obiettivo «rifiuti zero» citato a suo tempo in favore di telecamere, con percentuali astronomiche di raccolta differenziata porta a porta e via di sogni. A quanto pare, in attesa dell'utopia, visti i roghi, De Magistris e i suoi hanno provvisoriamente optato per il modello dell«ecoinceneritore diffuso» senza avvisare della cosa i pompieri. Contiamo i secondi per attendere il momento in cui dal municipio di Napoli si leveranno alti lamenti contro il governo (come se il governo fosse diverso da Napoli a Trento) che «nega i fondi» per impacchettare i rifiuti e spedirli in aereo alle Maldive lasciando così Napoli pulita senza bisogno di discariche e di inceneritori. In effetti quando al governo cera la sinistra la bella pensata di mettere la spazzatura sulle navi per portarla in Sardegna cera anche stata: all'epoca però sull'isola gioiello del mediterraneo governava un altro campione del partito del no, quel Soru che decise di tassare tutti gli yacht che avessero osato ormeggiare, provocando clamorosi danni all'economia dei porti, tanto pagavano i soliti. Già, ma chi paga per la faciloneria nel dire no a tutto? Il nucleare non ci piace: quanto costa dire no? La discarica fa schifo e l'inceneritore puzza: chi paga per le alternative? Sulla falsariga della sciocchezza antiyacht di Soru pare ci siano state proteste a Venezia perché il panfilo di Abramovich rovina la vista ad alcune case: se la sentono lor signori di versare i milioni di dollari che la presenza del magnate russo significa per leconomia del luogo dove attracca?
Nei forum internazionali dedicati ai mercati finanziari, soprattutto dopo la nota negativa dell'agenzia Moody's motivata anche dal risultato dei quesiti sullacqua (letto come impossibilità di portare a termine riforme e liberalizzazioni), ogni tanto qualche commentatore si pone domande del tipo: «Ma agli italiani che hanno votato sì ai referendum verrà mandato a casa il conto?». In effetti il punto è buono: se ci si abitua a dire di no a tutto quello che ci può non piacere, dal nucleare ai licenziamenti, dallacqua privata alle discariche, dalla Tav fino al profilo degli yacht ormeggiati davanti ai giardini della Biennale senza avere recapitato a casa in modo visibile il conto di queste scelte, faremo la fine di quelli che dopo aver banchettato finiscono a lavare i piatti del ristorante per un mese.
Questo governo aveva la possibilità, dopo il miracolo di aver messo in sicurezza i conti di fronte ad una crisi senza precedenti, di mettere davvero in cantiere riforme epocali per sciogliere le ali alla nostra economia: invece il fuoco di sbarramento è stato impressionante, dalle procure alle opposizioni interne, fino alla pavidità della maggioranza degli elettori, a cui veramente occorrerebbe presentare un conto immediato appoggiato su qualsiasi scheda elettorale, una specie di consenso informato della democrazia. In mancanza di consapevolezza sui costi delle decisioni si rischia di chiedere alla gente se preferiscono laragosta o la carne in scatola, senza aggiungere la secondaria informazione del prezzo dei due cibi. Con i soldi si può fare tutto: per esempio limitare la produzione di energia in Italia a quella ottenuta sfregando la schiena dei gatti e importare tutto il resto, oppure pagare a peso doro il resto del mondo perché si prenda la nostra immondizia o magari organizzare un bel ponte aereo tra Torino e Lione per non disturbare quelli che non gradiscono la ferrovia ad alta velocità.
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