La scuola è la sua passione da trentanni, ma dellinsegnante non ha proprio nulla. Lo tradiscono i particolari. Labito di taglio sartoriale, i biglietti da visita con intestazioni diverse a seconda delle presentazioni, calibri del genere Giovanni Berneschi che lo chiamano al telefono. Ha il tratto distintivo del manager di razza Ferdinando Menconi, spezzino, classe 1943, presidente della Carige Assicurazioni e socio fondatore - quasi quarantanni fa - di Italscuole, società che gestisce istituti scolastici, licei classici e scientifici paritari, ininterrottamente dallaprile 1970. Una scelta che Menconi, laureato in Giurisprudenza con una carriera nel campo assicurativo iniziata fin dai tempi dellUniversità, difende più come la passione di una vita che un semplice lavoro. Un interesse che ha trasmesso alla figlia Claudia, ormai il suo braccio destro nella gestione di Italscuole, una donna che con lui condivide intenti e metodi. Senza lasciarsi intimidire nemmeno dalle critiche più violente che sono piovute su Italscuole nel giorno in cui la società ha acquistato lex Vittorino da Feltre. «Salvandolo dalla chiusura», dice Menconi, chiarendo così immediatamente che non cè spazio per discorsi interlocutori.
«Guardi che adesso anche quelli che criticavano sono tutti contenti», attacca il manager che si divide tra Genova, Milano e Montecarlo. E poi raddrizza ancora il tiro «forse non lo sono quelli che avrebbero voluto andare avanti così anche se la scuola andava male».
Si spieghi.
«I Barnabiti avevano due milioni di euro di debito, così non potevano andare avanti. Alla fine noi abbiamo assunto quasi tutti gli insegnanti, anche qualcuno di cui forse avevamo meno bisogno, pur di salvare i posti di lavoro e siamo contenti così. Non volevamo mantenere le scuole elementari e medie perché non è il nostro ambito, ma lo abbiamo fatto e se superiamo questo anno e mezzo con questi conti in perdita, dopo, le cose... non potranno che andare meglio».
Le iscrizioni come sono andate?
«Allinizio i genitori erano diffidenti, ci dicevano: aumenterete le rette. Invece le abbiamo lasciate tali e quali, erano comunque più alte delle nostre. Alla fine gli studenti sono rientrati quasi tutti e sono soddisfatti. I nostri insegnanti sono selezionati e rispondono tutti a massimi criteri di serietà».
Cè chi parla di Italscuole e del Bernini come di un «diplomificio», dove pagando la retta si ha la sicurezza della promozione.
«Chiariamo subito un fatto: siamo scuole parificate e come tali i nostri studenti vengono diplomati con esami di Stato le cui commissioni esaminatrici sono presiedute da presidi e dirigenti scolastici delle scuole pubbliche statali. Allora i diplomi ai nostri ragazzi chi li rilascia? Se fosse un diplomificio allora mancherebbe la serietà dei commissari esterni, ma non credo proprio che si possa parlare in questi termini senza ledere la professionalità degli insegnanti della scuola pubblica».
Quanto vi è costato rilevare il Vittorino?
«Sei milioni di euro, più o meno».
Ne valeva la pena? Anche a vedere dopo le critiche che vi sono arrivate...
«Vuole sapere una cosa? Io avrei voluto anche lArecco. Allepoca, quando si decise di chiuderlo, volevo farmi avanti per salvarlo. Ma non lo feci, mio malgrado, perché amici mi consigliarono di non espormi, di non intervenire che mi sarei attirato critiche e antipatie. Così ho fatto. Ma se fosse stato per me lArecco ci sarebbe ancora».
E col Vittorino cosè cambiato?
«Sono stati i padri Barnabiti a incoraggiarmi: loro stessi hanno compreso la mia passione per il mondo della scuola e sono stati ben contenti di non veder finire del tutto listituto che loro non potevano in alcun modo più portare avanti. Anche per i religiosi è stata una scelta difficile, ma più serena alla fine perché il Vittorino si è salvato».
Gli istituti di Italscuole sono privati, ma non sono gestiti da religiosi. Allora qual è il valore guida sotto il profilo pedagogico?
«Tolleranza zero contro droga e bullismo. Abbiamo mandato via sedici ragazzi che non ritenevano adatti a frequentare la nostra scuola proprio perché non erano in linea con questi valori. Non mi interessa quello che dicono: noi vogliamo creare un ambiente sereno per gli studenti e per gli insegnanti. Sa che nella scuola pubblica ci sono professori che piangono perché vengono maltrattati dai ragazzi? E che hanno paura di reagire? E che ci sono scuole pubbliche dove non vengono presentate denunce sempre per paura? Da noi non è così perché chi sgarra se ne va. Senza appello».
Le diranno che è un dittatore.
«Sono un dittatore».
Vale qualcosa la meritocrazia nelle sue scuole?
«Vale moltissimo. Da noi i furbi non stiano proprio a presentarsi. Per scelta non copriamo le sopraffazioni, interveniamo direttamente, allontanando i violenti. Naturalmente io non voglio sapere nulla dei metodi dinsegnamento del personale docente, ma sulla disciplina e su chi frequenta le mie scuole credo di poter dire qualcosa. E penso che i migliori vadano premiati».
Come?
«Credo di poter già annunciare che per cinque o sei studenti bravi, che magari hanno famiglie non benestanti, si possa prevedere una formula tipo borsa di studio per non far loro pagare la retta».
Da che tipo di famiglie provengono gli studenti?
«Ci sono tutte le classi sociali, anche ragazzi che hanno cognomi in vista».
Pagano tutti?
«Sì, soprattutto gli amici. Oppure vanno altrove».
Parliamo di strutture, edifici, aule, laboratori, palestre. Insomma le note dolenti di molte scuole pubbliche.
«Sì, bene, parliamone. Cominciamo con il dire che Italscuole paga le tasse e io ho avuto più visite dalla Finanza che da chiunque altro. Ma vado a testa alta perché non ci sono irregolarità. Noi non siamo la brutta copia dello Stato, semmai lesatto contrario: ci sono scuole comunali e statali che non sono in regola con le leggi in materia di sicurezza, che non sono agibili, che sono fuorilegge. Noi no, perché se dovessero trovarci non a norma ci farebbero chiudere. Invece io ho grandi progetti per listituto ex Vittorino e non appena saranno conclusi i lavori di ristrutturazione che stiamo mandando avanti sarà la scuola più bella di Genova. Forse dItalia».
Altre idee?
«Italscuole è Genova, ma presto sarà anche Milano. Stiamo concludendo gli accordi per aprire una scuola in zona Fiera, un liceo.
Per Genova?
«Vorremmo aprire un liceo linguistico».
E poi?
«Basta. Ah...»
Dica.
«Quando muoio voglio la bandiera dellistituto... mi sono spiegato?».
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