Gian Maria De Francesco
da Roma
Il Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) del governo Prodi ha scomodato persino Immanuel Kant. Una sua citazione («Coloro che dicono che il mondo andrà sempre come è andato finora contribuiscono a far sì che loggetto della loro predizione si avveri») apre un testo di 178 pagine che declina sotto il profilo economico le vaghezze e gli equivoci del programma dellUnione. Lunica certezza del Dpef firmato da Romano Prodi e da Tommaso Padoa-Schioppa è laumento della pressione fiscale, soprattutto sul ceto medio.
Stangate in arrivo. La pressione fiscale nel 2006 dovrebbe aumentare dello 0,6% in rapporto al pil e attestarsi al 41,2% rispetto al 40,6% dellanno scorso. Le entrate dello Stato dovrebbero aumentare in virtù «del recupero della base imponibile» e attestarsi a oltre 661 miliardi di euro. Nel 2007 è previsto un lieve calo della pressione fiscale al 41%. Negli anni successivi si stima una riduzione di 0,1 punti allanno per giungere al 40,7% del 2011, valore comunque superiore a quello dellultimo anno del governo Berlusconi.
Fisco onnivoro. Il concetto di «recupero della base imponibile» apparentemente preluderebbe alle misure per la lotta allelusione e allevasione fiscale già contenute nel decreto Bersani-Visco, soprattutto per quanto riguarda lIva. Ma nel capitolo relativo alla «Politica dellentrata» si fa chiaro riferimento allobiettivo di «recuperare progressività». Che tradotto in italiano significa abbattimento del secondo modulo della riforma fiscale Ire (ex Irpef). Se come ha detto il viceministro dellEconomia, Vincenzo Visco, tra gli scopi cè anche quello di «ridurre lIrpef per le fasce basse e medio basse», i restanti gruppi sociali sono sotto scacco. Tra gli altri contribuenti nel mirino le imprese per le quali sono previsti cambiamenti nella tassazione del reddito. Formalmente per favorire innovazione e internazionalizzazione, in sostanza ancora non si sa. Come da programma, è inoltre in calendario un aggiornamento del catasto, altra misura che dovrebbe consentire un recupero di gettito Ici nonostante una programmata riduzione delle aliquote. L«intenso lavoro di interlocuzione e di concertazione» previsto per il varo della Finanziaria potrebbe rendere questo catalogo di progetti ancora più inquietante.
Fabbisogno stabile. Per il 2006 il Dpef prevede un fabbisogno del settore statale sostanzialmente stabile a 59 miliardi di euro (59,6 miliardi nel 2005). Lincidenza sul pil dovrebbe scendere al 4% dal 4,2% del 2005. Nel 2007 se ne stima un calo a 52,4 miliardi per risalire a 58,9 miliardi nel 2008 e scendere a 53,5 miliardi a fine legislatura. Le stime, pur comprendendo una progressiva diminuzione dellincidenza del fabbisogno sul Pil, non ne modificano sostanzialmente lammontare nei prossimi anni nonostante la maggiore pressione fiscale.
Legge Biagi in soffitta. La riduzione di cinque punti degli oneri sul costo del lavoro costerà 10 miliardi nella prossima Finanziaria. Il Dpef stabilisce che «lintervento non intaccherà le aliquote contributive destinate ad alimentare le pensioni» e che ne beneficeranno tanto le imprese quanto i lavoratori. La selettività, come preannunciato, premierà le aziende «che stabilizzino i rapporti di lavoro». Dallaltro saranno innalzati i contributi sui lavoratori atipici per scoraggiare il ricorso ai contratti a tempo determinato. E dalla legge Biagi saranno cancellate alcuni tipi di contratto flessibile come il lavoro a chiamata e lo staff leasing. Che cosa porterà tutto questo? Un aumento della produttività del lavoro in rapporto al pil mai superiore all1% annuo. La montagna ha partorito il topolino.
Grandi imprese ok. Il Dpef mette in questione i 28,8 miliardi che lo Stato ogni anno trasferisce alle imprese. Secondo Padoa-Schioppa & C. è «necessario favorire coloro che scelgono di crescere». Dichiarazione che sembra fatta su misura per una riforma degli incentivi a favore delle grandi imprese che già sono sul mercato internazionale. Ma la base di Confindustria cosa penserà?
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