Dal prossimo anno sarà impensabile ricevere un assegno pensionistico ritirandosi dal mondo del lavoro senza aver compiuto 60 anni: è questa l'ipotesi che si fa strada nel governo, che vuole eliminare il pensionamento anticipato perché troppo costoso e perchè costituirebbero un privilegio soltanto per pochi lavoratori rispetto alla stragrande maggioranza.
Cosa può cambiare
Come ci siamo da poco occupati sul Giornale.it, nel 2023 saranno riviste anche le pensioni dei militari e forze armate per i quali è prevista l’uscita dal servizio a 58 anni. Lo stesso vale anche per le lavoratrici che usufruiscono di Opzione donna, destinato ad avviarsi al tramonto: attualmente, la misura agevola le donne nate nel 1962 (se autonome) e nel 1963 per le quali viene utilizzato il calcolo contributivo. Per queste categorie, la pensione si potrebbe maturare a partire dai 60-61 anni. Anche in questo caso, vale il motivo detto all'inizio: nonostante il taglio degli assegni, la “giovane età” di uscita dal lavoro delle lavoratrici comporta un importante sforzo finanziario e duraturo per lo Stato.
"Non è giustificabile rispetto agli uomini"
Come si legge su Investireoggi, il costo dei pensionamenti anticipati potrebbe essere messo in discussione dall'esecutivo. Come accennato, non faranno eccezione i militari, "salvati" dalla riforma Fornero nel 2012, Adesso, dopo 10 anni, stanno venendo a mancare i presupposti per mantenere questo tipo di scivolo anticipato. Attualmente, le pensioni dei militari, in particolare quelle di anzianità, si maturano con 35 anni di contributi e 58 anni di età esattamente come funzionava una volta per tutte le categorie. L'alternativa riguarda la possibilità di lasciare il servizio con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età.
Cosa succede adesso
Insomma, nel 2023 ne vedremo delle belle: prevista una rivoluzione pensionistica per svariate categorie di lavoratori in relazione all'età. Il governo sta pensando di rivedere le casistiche delle pensioni di anzianità: circola voce, infatti, che si possa andare verso la completa abolizione. Per adesso, come abbiamo scritto sul Giornale.it, gli aumenti in arrivo, per ciò che concerne gli assegni Inps previsti per le pensioni di marzo 2022, portano ad un lieve incremento rispetto a quanto erogato negli scorsi mesi di gennaio e febbraio. Tutto ciò per effetto di un nuovo allineamento del tasso di rivalutazione, che ritorna all'1,7% annuo lordo preventivato inizialmente dal ministero dell'economia e delle finanze ma che l'Istituto nazionale di previdenza sociale aveva ridotto per le prime due mensilità dell'anno all'1,6%, come già anticipato nell'ottobre del 2021.
È prevista una rivalutazione al 100% per quegli assegni Inps di importo fino a 4 volte il trattamento minimo, 2.062 euro, al 90% per quelli compresi tra le 4 e le 5 volte il minimo, quindi tra 2.062 e 2.
578 euro, ed al 75% per quelli che vanno oltre 5 volte il minimo, ovvero sopra i 2.578 euro. L'Inps stima un aumento di 25 euro per le pensioni da 1.500 euro al mese, 34 euro per quelle da 2mila euro, 42 per quelle da 2.500 euro, 48 per quelle da 3mila, 55 per quelle da 3.500 e 61 per quelle da 4mila.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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