Il neo-presidente dell'Abi Antonio Patuelli chiama a raccolta i sindacati del credito. Il confronto, sollecitato dalle parti sociali, è in agenda mercoledì mattina alle 11 al primo piano di Palazzo Altieri, dove si trovano sia il «salotto del presidente» sia la più capiente «sala rossa». Si tratta di un incontro di presentazione ma è probabile che una volta terminato l'intervento di Patuelli, accompagnato al suo debutto dal «vicario» Francesco Micheli, i leader sindacali coglieranno l'occasione per sondare il neo presidente sulle questioni calde del credito: sono attesi Lando Maria Sileoni (Fabi), Giuseppe Gallo (Fiba), Massimo Masi (Uilca), Agostino Megale (Fisac) oltre ai capi di Ugl, Dircredito e Sinfub.
Alcuni sindacalisti si chiedono infatti che cosa farà l'Abi per rimediare al contraccolpo d'immagine provocato dallo scandalo Monte Paschi e il conseguente addio di Giuseppe Mussari da Palazzo Altieri. Vogliono capire qual è il modello di banca cui pensa l'Abi e quindi l'atteggiamento dei banchieri ai prossimi tavoli negoziali, a partire da quello deputato a trasferire al settore l'accordo sulla «produttività».
L'associazione ha già sottolineato l'urgenza di riportare in equilibrio la bilancia costi-ricavi definendo, nei documenti interni, «insostenibile» lo stesso contratto nazionale. Ma alcuni esponenti delle parti sociali vorrebbero ribaltare l'approccio, ottenendo di allargare la governance degli istituti di credito per fare posto a 1 o 2 rappresentanti della base nei consigli di amministrazione: una quota di minoranza rispetto a conclavi dove di norma gli scranni sono una ventina. Si pensa in particolare che coinvolgere i lavoratori nelle scelte industriali, sul modello di quanto accade in Germania, sia l'unico modo per garantire in prospettiva stabilità e pace sociale a un settore che con ogni probabilità dovrà usare ancora la cesoia malgrado i 15mila esodati e gli 19.980 addetti che saranno rottamati da qui al 2018.
In Parlamento giace da tempo un disegno di legge firmato da Pietro Ichino, ma non sarà facile trovare la formula adatta visto il pugno duro con cui Bankitalia sta intervenendo sulla Popolare di Milano. Il problema era già stato affrontato dalla presidenza Mussari in due incontri con i sindacati del settore e in un terzo «allargato» ai leader confederali; ora quindi si auspica che Patuelli prosegua su questa strada.
La filosofia della «concertazione» che per decenni ha dominato il settore potrebbe infatti non essere più sufficiente. Ad aumentare la tensione sono sia i ripetuti strappi della Fisac, che si sta incamminando sulla «linea del no» della Fiom di Maurizio Landini, sia l'accresciuta combattività dei sindacati di base.
Le sigle potrebbero poi sottoporre il caso Mps all'attenzione del vertice Abi, per una questione di natura «politica»: alcuni concorrenti starebbero infatti sfruttando la congiuntura per cercare di strappare a Siena sia i clienti sia alcune figure delle seconde linee, soprattutto dell'area commerciale. L'incontro potrebbe infine essere l'occasione per tornare sulla riforma delle Popolari e sul taglio agli stipendi dei top manager.
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