Non capita spesso di scontentare contemporaneamente due fronti opposti. C'è riuscito Mario Draghi, con le recenti misure con cui è stato allargato il perimetro del quantitative easing. I mercati, che si aspettavano provvedimenti ben più corposi, hanno mostrato il pollice verso al presidente della Bce; l'ala bancaria tedesca, che da sempre vede come il fumo negli occhi gli stimoli monetari, non ha perso l'occasione per attaccare l'ex governatore di Bankitalia.L'ultimo affondo made in Deutschland porta la firma delle casse di risparmio e delle popolari, legate a filo doppio col potere politico, che hanno messo in guardia «da conseguenze drastiche» legate alle strategie perseguite dall'Eurotower. In un articolo apparso su BoersenZeitung, i presidenti dell'Unione cooperativa del Baden-Wuerttemberg e dell'Unione delle Casse di risparmio del Baden-Wuerttemberg, rispettivamente Roman Glaser e Peter Schneider, non le mandano a dire a Draghi: «L'erosione della cultura del risparmio e delle pensioni, la perdita di fiducia nelle assicurazioni vita, periodi di lavoro più lunghi, povertà degli anziani, il pericolo di bolle speculative ed effetti di ridistribuzione indesiderati» rappresentano effetti massicci dei bassi tassi di interesse. È la stessa visione delle cose di Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank, impegnato in un duello infinito con Draghi fin dai tempi del famoso «whatever it takes».
Di recente, il banchiere centrale tedesco ha ribadito quanto va sostenendo da tempo: «Non considero necessaria l'adozione di nuovi allentamenti quantitativi», visto che la politica moneraia è già ampiamente espansiva. Quanto ai timori di deflazione paventati non solo da Draghi ma da buona parte del board della Bce, Weidmann li ha liquididati così: «La persistente bassa inflazione dei mesi passati è storia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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