di Francesco Forte
Christine Lagarde, direttore generale del Fmi, nella riunione annuale di Tokio ha lanciato un chiaro allarme. L'economia mondiale sta rallentando. E ha sintetizzato le prescrizioni del Fondo con il termine «agire», cioè accelerare le decisioni rispetto al procedere troppo lento, con cui sino a ora sono stati affrontati i principali problemi. A Lagarde ha fatto eco Angela Merkel, la cancelliera tedesca, la quale ha dichiarato che la Germania rischia la recessione se nega l'aiuto finanziario ai partner in difficoltà. Ha quindi aggiunto che l'aiuto tedesco è necessario affinché l'euro riguadagni la fiducia dei mercati.
Però il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schauble, ha negato il consenso alla dilazione del piano di risanamento finanziario della Grecia, che è stato proposto da Lagarde, in considerazione del rischio che Atene, iniettando nuove dosi di rigore nella politica di bilancio, aggravi la recessione della propria economia. Il ministro svedese Anders Borg , visto questo dissenso che in teoria potrebbe costringere il Fmi a uscire dall'accordo per l'aiuto alla Grecia, si è affrettato a dire ai media che Atene sarà fuori dall'euro tra 6 mesi.
Non appare logico che il Fmi prenda la decisione di ritirarsi dall'intervento a favore della Grecia, perché non si accetta la sua proposta di dilazione. Semmai, questa è una ragione per non dar luogo al peggio. Sembra, dunque, sempre più chiaro che la Svezia, che non fa parte dell'Eurozona, ma dell'Ue, stia facendo il «bastian contrario» circa il futuro dell'euro.
È vero che il presidente della Bce, Mario Draghi , durante il summit di Tokio, ha ripetuto che l'euro è irreversibile e ha poi sottolineato che le decisioni saranno prese a maggioranza, perché siamo una comunità. Ma la previsione che la Grecia esca dall'euro ha riguadagnato terreno e ciò alimenta i timori che altri Stati ne possano uscire.
Tra le prescrizioni di Lagarde, c'è anche una sollecita richiesta, da parte della Spagna, dell'aiuto finanziario del Mes, il meccanismo europeo di stabilità, che costituisce la condizione per l'intervento da parte dell'Eurotower, mediante l'Omt (Outright monetary transaction, ossia Operazione monetaria ottimale), che significa in termini non tecnici, acquisto di debito pubblico (al massimo) triennale di Stati in difficoltà da parte della Bce. Ma sino a ora la Spagna non ha voluto accedere all'aiuto del Mes perché ciò la costringe a sottoscrivere, in una lettera d'intenti, le condizioni dettate da Ue, Bce e Fmi, secondo la cavillosa e umiliante procedura richiesta dai tedeschi, per dar via libera all'Omt, che non è gradito dalla Bundesbank.
Si sa che alla Spagna non verrebbero poste aspre condizioni , ma è ovvio che il firmare la lettera è, per Madrid, un'umiliazione politica, e gli spagnoli sono particolarmente orgogliosi. Tale dilazione crea altre incertezze e, quindi, mantiene alto lo spread, il differenziale tra tasso d'interesse sui titoli di debito pubblico spagnoli e quelli tedeschi, e per ripercussione tiene alto anche il nostro differenziale.
Il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, ha fatto bene a dichiarare che l'Italia, comunque, non ha bisogno dell'aiuto del Mes, in quanto si avvia al pareggio del bilancio, a differenza della Spagna che ha un deficit previsto del 5% e, quindi, necessita di un prestito internazionale. E ha fatto bene il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, a sottolineare, in base ai dati più recenti, che il sistema bancario italiano (a differenza di quello di Madrid) è solido e che i nostri risparmiatori gli stanno dando fiducia. Ma resta la questione della competitività, per rilanciare la crescita, tramite il commercio estero.
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