Il titolo Carige ha festeggiato in Borsa la conclusione del maxi-aumento di capitale e lo scampato pericolo con un balzo del 9% (553,97 milioni la capitalizzazione). Ma malgrado l'operazione, necessaria alla sopravvivenza della banca, sia stata blindata fin dal lancio, l'esito definitivo non è stato così felice. Una volta terminata l'attesa asta sull'inoptato, l'aumento di capitale avrà infatti portato 500 milioni nelle casse dell'istituto guidato da Paolo Fiorentino, 60 milioni in meno di quanto auspicato. E sarà costato 51,7 milioni (più del 10% dell'intera operazione), ivi comprese le commissioni al consorzio di garanzia.
Non solo. I nuovi azionisti finanziari che, presumibilmente, entreranno nel capitale in seguito agli accordi di garanzia, potrebbero non avere particolare interesse a mantenere a lungo le loro partecipazioni. Più in dettaglio, i quasi 50 miliardi di nuovi titoli offerti in opzione sono stati sottoscritti per il 66% per un importo pari a 331 milioni (di cui 130 versati dagli azionisti storici del gruppo, compresi Vittorio Malacalza e Gabriele Volpi), mentre dei 60 milioni di ricapitalizzazione riservata agli obbligazionisti subordinati è stato sottoscritto il 77% (ovvero 46 milioni), grazie a Generali, Intesa Sanpaolo e Unipolsai. In tutto l'operazione si è chiusa a 377 milioni.
Nei primi giorni della prossima settimana saranno messi in asta i 16,7 miliardi di azioni (il 34% dell'offerta) rimaste inoptate, pari a 167 milioni di euro. L'ammontare è garantito ma il totale dell'operazione sarà «limitato» a 500 milioni, una cifra comunque sufficiente a raggiungere gli standard di patrimonializzazione richiesti dalla Bce. Qualora l'asta andasse deserta in prima battuta sarà coinvolto Malacalza Investimenti che ieri avrebbe ricevuto il via libera, condizionato alla mancata assunzione di ruoli di controllo, della Bce per salire dal 17,6% al 28% di Carige per un impegno fino a 69,49 milioni.
In seconda battuta sarebbero coinvolti due livelli di garanzia coordinati da Equita. Il primo copre fino a 120 milioni di inoptato grazie a Volpi (che passerebbe dal 6 al 9,99%), al fondo pubblico Sga, al Credito Fondiario (30 milioni) e a Chenevari (40 milioni) che ha anche comperato l'80% della piattaforma di recupero crediti di Carige, Creditis.
Credito Fondiario è l'acquirente di 1,2 miliardi di npl di Carige. Un ulteriore round di garanzia vede coinvolti Algebris e Ifis per, rispettivamente, 10 e 25 milioni. In ultimo, ad essere chiamate in causa sono le banche del consorzio: Credit Suisse, Db, Barclays e Equita sim.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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