Il futuro di Confindustria, appena entrata nel secondo e ultimo biennio della presidenza di Vincenzo Boccia, passerà ancora dalle sorti del Sole 24 Ore, il gruppo editoriale che è la sua unica azienda controllata. E Boccia, che dovrà riposizionare l'associazione nel rapporto con il nuovo governo, intende dare un'accelerata e cambiare subito la guida del gruppo.
Il mandato del cda e dell'ad del Sole, Franco Moscetti, scade con l'approvazione del bilancio 2018, la prossima primavera. Troppo in là per il presidente degli industriali. Che, per il peculiare statuto del gruppo editoriale, è il titolare giuridico delle azioni del gruppo: il 61,5% del capitale è tecnicamente di Boccia. Il quale vuole agire presto perché ritiene che il risanamento del gruppo editoriale non sia stato fin qui sufficiente. E dalla soluzione definitiva del problema Sole - che è tra l'altro in attesa della chiusura dell'inchiesta della Procura di Milano che vede indagati gli ex vertici - dipende anche la forza sua e della stessa rappresentanza degli industriali italiani.
Non ci sono indicazioni ufficiali, ma la volontà di una svolta è stata evidente all'assemblea del Sole del 27 aprile, quando il rappresentante di Confindustria ha irritualmente dichiarato che «l'azionista di riferimento ritiene di aver fatto la propria parte investendo risorse cospicue e richiamando tutti alle proprie responsabilità. E lo stesso sono richiamati a fare cda e management operativo». Idem per Assolombarda, sorta di primo azionista di Confindustria: «La focalizzazione del management sul business aziendale è la condizione per il raggiungimento del piano industriale, che è stato modificato più volte con ricavi sempre al ribasso». Inoltre, «la valorizzazione del titolo dall'aumento di capitale ha subito un notevole deprezzamento che va oltre l'esiguità del flottante».
Il prezzo del titolo, tipica misura del rapporto tra management e mercato, dall'aumento di capitale del novembre scorso (a 0,95 cent) ha perso il 30% del suo valore (0,66 prezzo di ieri). Per Confindustria, che ha investito 30 dei 50 milioni dell'operazione, c'è una perdita di 10 milioni.
I conti della gestione 2017, arrivati dopo la lunga serie di bilanci in rosso, al netto del risultato delle attività destinate alla vendita, hanno accusato un rosso di 52 milioni, in miglioramento sui -92,6 del 2016 (che però era stato appesantito da 21 milioni di svalutazioni), ma sempre lontani dal pareggio gestionale. Moscetti ha fatto cassa vendendo l'area formazione (per 40 milioni) e ha tagliato molti costi, cosa che prima di lui non aveva fatto nessuno, per ben 44 milioni. Ma non è riuscito a frenare la quasi speculare riduzione dei ricavi, calati di 36 milioni, con un margine operativo lordo finale che resta negativo, anche se migliorato da -35,2 a -28,6 milioni. E la posizione finanziaria netta, che misura i flussi di cassa e che dipende anche dai 23 milioni di oneri per i 236 esodi poligrafici fino a giungo 2019, dopo essere tornata positiva per 6,5 milioni a fine 2017, in 4 mesi (al 30 aprile) è diventata negativa per 11,8, compresi i 3 milioni di incasso straordinario per il risarcimento danni legato al caso Di Source. Un deflusso di 5 milioni al mese che preoccupa per il futuro.
Moscetti avrebbe dalla sua una parte del cda, a cominciare dal presidente Giorgio Fossa. Ma non intenderebbe ostacolare la volontà dell'editore. E proprio attraverso Fossa si è aperto il dialogo con l'azionista. All'ad, ex manager di società quotate, interessa che venga applicato un metodo trasparente e rispettoso dell'impegno profuso dal 2016.
Oltre che l'ottenimento, per la delicata situazione tecnico-giuridica della società, di una manleva, secondo la prassi in situazioni analoghe. Sviluppi ci potrebbero essere a breve, da risolvere all'interno di uno dei prossimi cda. In pole position per il futuro ci sarebbe Giuseppe Cerbone, attuale ad dell'Ansa, con un passato proprio nel gruppo Sole.
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