Economia

Draghi getta la maschera: "Gli Stati cedano sovranità"

L'affondo: "L'Italia paga il basso livello degli investimenti". E Renzi: "Sacrosanto, dobbiamo rimettere in ordine l'Italia". Draghi pronto a togliere il timone dalle mani al premier

Draghi getta la maschera:  "Gli Stati cedano sovranità"

All'indomani della gelata sulla crescita del pil, il colpo più duro arriva dalla Bce. Per quanto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan si allinei all'agenda di Matteo Renzi, chiedendo maggiore parsimonia nella spesa pubblica e più tempo per beneficiare degli effetti delle riforme, Mario Draghi mette il premier con le spalle al muro e lo colpisce proprio quando è più debole. La posizione del governatore non lascia spazio alle interpretazioni: "Uno dei componenti del basso pil italiano è il basso livello degli investimenti privati". Peggio ancora: tutto è dovuto "all'incertezza sulle riforme, un freno molto potente che scoraggia gli investimenti". Infine il colpo di grazia: "Per i Paesi dell'Eurozona è arrivato il momento di cedere sovranità all'Europa per quanto riguarda le riforme strutturali".

Si chiude il cerchio. Quanto teorizzato dai tecnocrati alla Mario Monti o Lerenzo Bini Smaghi, è stato infine messo nero su bianco dal numero uno della Banca centrale europea. Per Draghi i Paesi dell'Eurozona non sono in gradi di fare le riforme in piena autonomia. Sarebbe, quindi, meglio che la pratica passi direttamente nelle mani dei grigi burocrati che siedono a Bruxelles. Niente di nuovo, per carità. La teoria della cessione della sovranità nazionale è tanto cara all'Unione europea che da tempo lavora per costruire una sovrastruttura che annienti l'autonomia di governi nazionali democraticamente eletti. Lo stesso Draghi chiede, da mesi, di intensificare le riforme strutturali in modo da "non disfare i progressi fatti nel consolidamento di bilancio". L'obiettivo è nobile. Dai governi nazionali la Bce vorrebbe misure favorevoli alla crescita: "I Paesi che hanno fatto programmi convincenti di riforma strutturale stanno andando meglio, molto meglio di quelli che non lo hanno fatto o lo hanno fatto in maniera insufficiente". E in questo secondo gruppo ci entra anche l'Italia.

Dal punto di vista monetario la Bce tiene le bocce ferme. Il consiglio direttivo ha, infatti, lasciato il tasso principale allo 0,15%, quello sui prestiti marginali allo 0,40% e quello sui depositi in negativo a -0,10%. Un livello da cui Draghi non intende scostarsi, senza però annunciare possibili ulteriori ribassi. Il fatto che il costo del denaro sia destinato a non scendere ulteriormente non impedisce all'istituto di Francoforte di ricorrere ad strumenti diverso per fronteggiare la crisi economica che ancora frena il Vecchio Continente. "Il consiglio della Bce - avverte Draghi - è unanimemente determinato a usare anche misure non convenzionali se fosse necessario". A preoccupare il board della Bce sono anche le tensioni geopolitiche che rischiano di penalizzare la ripresa dell'Eurozona. Tra queste, sicuramente le tensioni tra Russia e Ucraina e, di conseguenza, l'estenuante braccio di ferro tra la Casa Bianca e il Cremlino.

"Sono assolutamente d’accordo con Draghi, se è un affondo affondo anche io - ha detto in serata Matteo Renzi -. Il presidente della Bce ha detto una cosa sacrosanta, noi dobbiamo rimettere in ordine l’Italia per farla diventare più competitiva. E le parole di Draghi sono la migliore risposta ai critici del Senato, che è una delle riforme che

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