E per Generali si avvicina la fine di un’epoca

E per Generali si avvicina la fine di un’epoca

di Marcello Zacché

L’assemblea delle Generali di domani sarà l’ultima di un’epoca che si sta chiudendo. La delibera di ieri dell’Antitrust contro la fusione Unipol-Fonsai ne è la quanto mai tempestiva riprova.
L’assetto di potere nato nel 2003 con la cacciata di Vincenzo Maranghi da Mediobanca è ormai agonizzante. Allora furono Profumo e Geronzi a concordare con i francesi di Bernheim e Bolloré un patto per intrecciare più che mai i destini di Generali a Piazzetta Cuccia. Alla compagnia triestina veniva, di fatto, abbassato ulteriormente il grado di libertà di movimento. Non che l’ad Perissinotto non fosse e non sia un pieno comandante, ma di certo sapeva e sa fin dove si può muovere senza creare problemi ai suoi azionisti, il primo dei quali era e resta Mediobanca, con più del 13 per cento. Ma la crisi finanziaria del 2008-2009 ha molto indebolito la compagnia, mentre quella del debito sovrano del 2011 le ha dato una bastonata ancor più forte: in condizioni analoghe una grande compagnia poteva fare un aumento di capitale, indipendentemente dai ratios di solvibilità che pure restano sopra i livelli di guardia. Axa ha chiesto ai soci 2 miliardi nel 2009, mentre Allianz ne aveva già chiesti 4,4 nel 2003. Generali non l’ha fatto anche perché Mediobanca si era indebolita altrettanto e nessuno avrebbe avuto le risorse da mettere sul piatto senza stravolgere gli equilibri di potere. Ora l’impressione è che questo assetto sia giunto al capolinea e che di qui a un anno, quando andrà rinnovato l’intero cda, assisteremo all’allentamento della catena che lega Trieste a Mediobanca. Non a caso domani, per la prima volta da 15 anni, l’attuale ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, non verrà a Trieste, essendosi appena dimesso dal cda per le norme sui doppi incarichi.
Cosa c’entrano in tutto questo Fonsai e l’Antitrust? C’entrano perché la delibera di ieri, entrando nella profondità dei rapporti tra Mediobanca e Generali, e anche in seguito a questi mettendo in forse il salvataggio di Fonsai così come lo ha studiato Nagel, indebolisce ulteriormente la posizione di Mediobanca. Che, tra l’altro, in Fonsai, ha un prestito subordinato da 1,1 miliardi.

Se l’operazione dovesse uscire stravolta dall’istruttoria Antitrust, Mediobanca subirebbe una sconfitta importante, anche come immagine, sullo scacchiere dei poteri nazionali. Non certo l’ideale in vista della battaglia che sta per scatenarsi sulle Generali.

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