L'apripista è sola. Nessuna banca centrale è per ora intenzionata a seguire la Federal Reserve, la prima ad aver già tracciato il percorso che porterà al rialzo dei tassi. Perfino la Bank of England ha represso qualche prurito monetario restrittivo, finendo per lasciare ieri invariato il costo del denaro e il piano di acquisto titoli da 895 miliardi di sterline. A Londra, così come a Francoforte, non sono ancora maturi i tempi per pianificare il processo di normalizzazione. Del resto, il mondo che muove i primi passi fuori dalla bolla imposta dal Covid gioca partite diverse. L'America, dove la crescita del 6,4% nel primo trimestre è stata confermata in via definitiva, ha forza sufficiente per reggere la prospettiva di una stretta che, comunque, non arriverà prima della fine dell'anno prossimo. Lo certifica Wall Street, dove l'indice S&P 500 ha superato ieri il massimo storico toccato lo «scorso 14 giugno.
Altrove, come sottolineato dalla Bce nell'ultimo Bollettino, c'è invece ancora bisogno di una linea «molto accomodante», nonostante il previsto «netto miglioramento nella seconda metà del 2021, via via che i progressi nelle campagne di vaccinazione consentono di allentare ulteriormente le misure di contenimento». Il ritorno ai livelli pre-pandemia è atteso nel primo trimestre 2022, ma i «rischi al ribasso» non sono ancora svaporati: permangono incertezze legati al diffondersi delle varianti del virus e alla natura disomogenea della ripresa nell'eurozona, anche se Standard&Poor's offre indicazioni rassicuranti per l'Italia grazie alle stime riviste al rialzo che collocano la crescita del Pil nel 2021 e nel 2022 al 4,9% (più della Germania, al 3,5%), dal 4,7% e 4,2% delle previsioni precedenti. Le stesse banche si vanno facendo più prudenti nella concessione dei prestiti alle imprese, «riflettendo un'accresciuta percezione del rischio e una diminuzione della propensione a tollerarlo, dovute alla pandemia».
Alle luce di questo scenario, l'Eurotower, come più volte spiegato dalla presidente Christine Lagarde, non vuole commettere passi azzardati, intesi come un ritiro prematuro delle misure di aiuto. Il rischio, ammonisce il Bollettino, è quello «di indebolire la ripresa e amplificare gli effetti negativi di più lungo periodo». In simbiosi con gli sforzi della banca centrale va ancora assicurato il sostegno a imprese famiglie da parte delle politiche di bilancio nazionali, grazie alla quale un terzo delle pmi italiane ha beneficiato del sostegno pubblico «sotto forma di sgravi e moratorie fiscali». Ma questi interventi in deficit devono rimanere temporanei e anticiclici, un caveat buono forse per non invelenire troppo i rapporti con la fronda interna all'istituto che spinge per accelerare il fine vita del Pepp, il piano di acquisto contro l'emergenza Covid. Ma per la maggioranza del board, i timori dei falchi sul surriscaldamento dell'inflazione sono eccessivi, dal momento che i recenti rialzi sono da ricondurre a fattori temporanei e al rincaro dei prezzi del petrolio, come si legge nel Bollettino.
Quanto all'euro digitale, secondo Fabio Panetta, membro del consiglio direttivo della Bce,
sarà introdotto «in modo progressivo». Gli studi in corso stanno prendendo in considerazione un tetto al possesso di digital euro per evitare che abbia «troppo successo e possa minare la stabilità del sistema finanziario.
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