Economia

Fisco, Cgia: "Le grandi aziende evadono 16 volte in più delle piccole”

È il dato emerso da uno studio della Cgia a seguito dell'attività di accertamento svolta lo scorso anno sulle attività economiche

Fisco, Cgia: "Le grandi aziende evadono 16 volte in più delle piccole”

Secondo uno studio della Cgia, l'entità dell'evasione contestata alle grandi imprese è 16 volte superiore a quella delle piccole aziende e dei lavoratori autonomi. Questi dati sono emersi a seguito dell'attività di accertamento svolta lo scorso anno sulle attività economiche. Si evince infatti, come la maggiore imposta media accertata dall'Agenzia delle Entrate per ogni singola grande azienda sia pari a poco più di 1 milione di euro, per la media impresa di 365.111 euro e per la piccola di 63.606 euro.

Il numero degli accertamenti fiscali eseguiti o scorso anno sulle piccole imprese e i lavoratori autonomi è di poco superiore a 140mila, con 8,9 miliardi di maggiore imposta accertata. Quelli che hanno interessato le medie imprese, invece, sono stati quasi 10 mila, con 3,6 miliardi di accertato, mentre le grandi imprese chiamate a giustificarsi di fronte al fisco sono state oltre 2.200, con 2,4 miliardi di accertato.

La Cgia fa notare che "se rapportiamo il numero di queste operazioni sul totale delle imprese presenti in ogni singola tipologia dimensionale, registriamo che l'attività del fisco ha interessato il 3 per cento dei piccoli, il 14 per cento dei medi e il 32 per centro dei grandi imprenditori. Pertanto, essendoci tantissime piccole e micro imprese e poche medie e grandi imprese, parrebbe più sensato rafforzare l'attività accertativa sui piccoli, anziché sugli altri”.

Ciò dipenderebbe anche dal fatto che “l'attività accertativa su una piccola impresa è più semplice, richiede meno tempo, meno costi ed un numero più contenuto di personale rispetto alle risorse e allo sforzo che si devono impiegare quando si controlla una media e grande impresa".

Discorso diverso per gli importi della maggiore imposta accertata pro-azienda che, sottolinea la Cgia, dimostrano come per le casse del fisco sembrerebbe più conveniente concentrare l'azione di contrasto all'evasione presso le realtà produttive di media e grande dimensione.

Il fisco potrebbe avere maggiore difficoltà a relazionarsi con questi ultimi ma da un punto di vista economico ci sarebbero vantaggi. I dati degli ultimi 2 anni dimostrano come la dimensione potenziale dell'imposta recuperabile sia di oltre 1 milione per ogni singola grande impresa, attorno ai 350 mila euro per ogni media impresa e di soli 64 mila euro circa per piccoli e lavoratori autonomi.

"Questi dati ci dicono che la potenziale dimensione dell'infedeltà fiscale delle grandi aziende – ha dichiarato il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - è enormemente superiore a quella delle piccole”. Quest’ultimo auspica sì maggiori controlli verso questi soggetti evitando, però, che “il Paese si trasformi in uno Stato di polizia tributaria”.

“Le modalità di evasione delle holding- sottolinea ancora Zabeo - non è ascrivibile alla mancata emissione di scontrini o ricevute, bensì al ricorso alle frodi doganali, alle frodi carosello, alle operazioni estero su estero e alle compensazioni indebite. Reati, quest'ultimi, che non verranno nemmeno sfiorati dalle misure di contrasto all'utilizzo del contante che il Governo metterà a punto nelle prossime settimane".

Come rimarcato dall'Ufficio studi della Cgia, l'accertamento fiscale scatta quando i dati forniti dal contribuente, in questo caso le aziende, sono ben diversi rispetto a quelli in possesso dall'Amministrazione finanziaria. Quest'ultima si attiva chiedendo dapprima chiarimenti quando ritiene che l'impresa abbia sottostimato il reddito o abbia usufruito di detrazioni/deduzioni non dovute. A quel punto le aziende possono ravvedersi, contrattare la loro posizione con l'Agenzia delle Entrate o ricorrere alla giustizia tributaria, intraprendendo un contenzioso con il fisco.

"Grandi o piccoli che siano – ha affermato il segretario della Cgia Renato Mason - gli evasori vanno perseguiti ovunque si nascondino”. C’è un però. Secondo Mason, se il fisco fosse meno esigente, lo sforzo richiesto ai contribuenti sarebbe più contenuto. Così facendo, forse, ne potrebbe trarre beneficio anche lo stesso Erario. Infatti, è il pensiero del segretario Cgia, se cala la pressione fiscale inferiore, molti evasori marginali diventerebbero dei contribuenti onesti.

Quest’ultimo ne ha anche per la burocrazia:“Ricordo che la nostra giustizia civile è lentissima, la burocrazia ha raggiunto livelli ormai insopportabili e la Pubblica amministrazione rimane la peggiore pagatrice d'Europa: nonostante queste inefficienze, la richiesta del nostro fisco si colloca su livelli elevatissimi e, per tali ragioni, appare del tutto ingiustificata".

Altro dato interessato è quello che emerge dalle dichiarazioni dei redditi relativi al 2018, il reddito medio dichiarato delle persone fisiche (ditte individuali e lavoratori autonomi) è stato di 25.290 euro, quello delle società di persone ( come ad esempio le Snc, Sas e Ss) 34.260 euro e quello delle società di capitali (Spa, Srl, Sapa, etc.) solo 34.670 euro.

Nel 2018, grazie alla lotta all'evasione sono stati recuperati 19,2 miliardi di euro. Tra questi 16,2 sono ascrivibili all'attività ordinaria, come versamenti diretti 11,25 miliardi, compliance 1,85 miliardi e ruoli ordinari 3,1, e gli altri 3 riconducibili alle attività straordinarie rappresentate da rottamazione (2,59 miliardi), voluntary disclosure (300 milioni) e liti fiscali (100 milioni).

Si sottolinea, infine, come dei 19,2 miliardi recuperati, circa la metà è costituito da sanzioni e interessi di mora.

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