Doveva essere una pura formalità, un incontro di routine per sbloccare il prestito da 10 miliardi di euro destinato a Cipro. E così, in effetti, è stato: ieri l'Eurogruppo ha dato il via libera agli aiuti, approvando contestualmente un allungamento di 7 anni ai finanziamenti concessi a Portogallo e Irlanda. Non tutto è però andato liscio.
Sull'ammontare complessivo del bail in di Nicosia si è infatti creato un giallo non appena il presidente cipriota, Nicos Anastasiades, ha raccontato ai cronisti di voler scrivere una lettera ai vertici comunitari per avere assistenza aggiuntiva da Bruxelles. In soldoni, altri sei miliardi da aggiungere ai 17 previsti, di cui nove erogati dall'Eurozona, uno dal Fondo monetario internazionale mentre la parte residua è a carico dell'isola (tagli alle spese, prelievo forzoso sui depositi, ecc.).
Una richiesta che ha provocato l'immediata reazione di Berlino («l'importo è già alto, non cambierà») e una girandola di speculazioni e smentite fino al chiarimento finale offerto dal vicepresidente della Commissione Ue, Olli Rehn. «Sono stati fatti paragoni tra mele e pere, e alla fine ci siamo ritrovati con le arance - ha esordito con una battuta - . Ma non sono cifre paragonabili. I 17 miliardi sono le necessità di finanziamento nette. I 23 miliardi sono le necessità lorde, un numero più ampio che, inoltre, include dei requisiti di solidità patrimoniale supplementari (buffer) che, alla fine, non sono stato inclusi nel programma di aiuti». A ogni modo «l'ammontare degli aiuti resta 10 miliardi di euro».
A Nicosia, però, si parla di un aggravio dipendente dalla situazione economica e di una causa di più lungo periodo che riguarderebbe la gestione passata della crisi da parte del governo. Insomma, non proprio tutto sembra quadrare. Non a caso, le Borse hanno percepito come un alone di incertezza sul salvataggio di Cipro (che, tra l'altro, dovrà ora essere ratificato da alcuni parlamenti nazionali). I guadagni dei giorni scorsi sono stati così sostituiti dai realizzi che hanno provocato un calo dell'1,5% a Milano, mentre lo spread Btp-Bund è risalito a quota 305.
Fonti comunitarie hanno intanto indicato che i ministri finanziari Ue hanno trovato un accordo per lavorare «costruttivamente» a una proposta per cambiare il Trattato europeo in relazione all'unione bancaria e al ruolo Bce. «Ora c'è la spinta politica al completamento dell'unione bancaria», ha confermato Rehn.
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