Google pagherà 306 milioni al fisco

Si chiude così il contenzioso con l'Italia sulle tasse non versate fra il 2002 e il 2015

Google pagherà 306 milioni al fisco

Google pagherà 306 milioni all'erario italiano pur di chiudere il lungo contenzioso con il fisco. Nel mirino c'era la contestata estero vestizione in Paesi dai regimi fiscali più morbidi del nostro di redditi, in realtà generati in Italia. Per la Procura di Milano, nel recente passato, il colosso del web contava infatti su «una stabile organizzazione occulta» nel Paese che, tuttavia, chiudeva accordi commerciali e pubblicitari sui servizi offerti attraverso la controllata irlandese.

Si tratta di una cifra superiore rispetto alle previsioni degli esperti che si attestavano su un accordo a 280 milioni e maggiore anche di quanto pagato dal motore di ricerca all'erario britannico (130 milioni di sterline). Finora tra i giganti Usa del web solo Apple, nel dicembre 2015, era arrivata a pagare di più, 318 milioni, per fare pace con il fisco italiano.

Google e l'Agenzia delle Entrate hanno raggiunto un accordo «per risolvere senza controversie le indagini relative al periodo tra il 2002 e il 2015» ha spiegato un portavoce del gruppo di Mountain View. Più in dettaglio le contestazioni mosse dalle autorità al colosso Usa erano due. La prima riguardava la mancata dichiarazione di un reddito imponile per circa 100 milioni di euro a fronte di ricavi complessivi per oltre un miliardo. Su questo reddito imponibile di circa 100 milioni, la società avrebbe dovuto pagare una imposta pari al 27%, ovvero una somma stimata tra 27 e 30 milioni.

Il secondo rilievo riguardava ritenute operate e non versate su royalties corrisposte a una società estera del gruppo (a una società olandese che a sua volta ripagava un'altra società irlandese ma con domicilio fiscale alle Bermuda) pari a circa 200 milioni. Il portavoce di Google ha poi comunque confermato «l'impegno nei confronti dell'Italia» e precisato che il gruppo «continuerà a lavorare per contribuire a far crescere l'ecosistema online del Paese». Le parti, infine, si sono impegnate ad attivare un dialogo futuro sulla base delle regole Apa (Advanced Priced Agreement), per la stipula di accordi preventivi per la corretta tassazione in Italia delle attività riferibili al nostro Paese. Per Google, chiuse le pendenze fiscali, resta ancora aperto il fronte penale relativo all'indagine condotta dal pm Isidoro Palma per omessa dichiarazione dei redditi ai fini Ires 98,2 milioni di euro di imponibili Ires. Nell'inchiesta risultato indagati cinque persone tra manager ed ex figure chiave del gruppo. Rimangono inoltre numerosi i fronti aperti tra colossi del web e l'erario italiano che contesta la contabilizzazione in Paesi a regime fiscale meno gravoso del nostro (dall'Irlanda al Lussemburgo) di redditi generati in Italia. La prima a pagare un maxi risarcimento all'Agenzia delle Entrate è stata Apple, che nel 2015 ha versato 318 milioni.

La settimana scorsa, invece, la Procura di Milano ha contestato a Amazon una presunta evasione fiscale relativa al quinquennio terminato nel 2014 per un giro di affari da 2,5 miliardi. Amazon, che come sede legale fino al 2015 aveva il Lussemburgo, è accusata di aver evaso tasse in Italia per circa 130 milioni. Ma nel mirino ci sarebbero anche Facebook, Western Digital e Airbnb.

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