Il lavoro Usa sbanda e libera la Fed sui tassi

Creati 818mila posti in meno rispetto alle stime

Il lavoro Usa sbanda e libera la Fed sui tassi
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Si può far finta di essere sani, ma poi c'è il termometro che ti inchioda al letto. Coi numeri è lo stesso: prima o poi ne arriva uno che è una sentenza sul tuo stato di salute economica. Ieri è successo all'America e soprattutto alla Bidenecomics, magnificata dalla Casa Bianca come la panacea per il mercato del lavoro: nei 12 mesi terminati in marzo, sono stati creati 818mila posti in meno rispetto alla stima precedente. È come veder svaporare d'improvviso il 30% delle buste paghe, il sistema con cui il Bureau of Labor Statistics (Bls) tasta il polso all'occupazione a stelle e strisce.

La netta revisione piomba come un maglio sul miglio finale della campagna presidenziale dei democratici, poiché pone in una diversa prospettiva anche la crescita media dei new jobs, crollata dalle 230mila unità mensili a quota 130mila. La colpa è del minor apporto offerto dai settori più remunerativi, come i servizi professionali (-358mila), il tempo libero (-150mila) e il manifatturiero (-115mila).

Il taglio con l'accetta annunciato dal Bls consolida ancor di più le probabilità di un taglio dei tassi di un quadro di punto da parte della Fed in settembre. Resta da capire se domani, al simposio delle banche centrali a Jackson Hole, il presidente Jerome Powell (nella foto) ammetterà che il mercato del lavoro è molto più debole del previsto. L'entità della revisione non lascia spazio ad arrampicate sugli specchi: è solo di un'inezia inferiore a quella del 2009 (-824mila), nel pieno della tempesta da mutui subprime, ed è la più grande dell'ultimo decennio. Powell dovrebbe così fare un autodafé: per mesi, Eccles Building ha infatti preso per buoni i dati del dipartimento al Lavoro (storicamente poco accurati rispetto a quelli che arrivano dalle indagini svolte presso le famiglie) e su questi ha costruito la narrazione sulla resilienza dell'occupazione, tale da giustificare prudenza nell'abbassare le leve del costo del denaro.

Questo alibi, complici il raffreddamento dell'inflazione in luglio e i primi scricchiolii del tasso di disoccupazione (un 4,3% che, in base alla regola di Sahm, indicherebbe una recessione incombente), è ora sparito dal tavolo della banca centrale di Washington.

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