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L'occasione mancata sul Catasto

Il Catasto nacque come strumento di garanzia e di perequazione fiscale. Nel Medioevo, lo stato interveniva poco o niente nella vita dei cittadini e non aveva bisogno di grandi mezzi. Le cose cambiarono dal 500 con l'avvento dello stato moderno quando il «pubblico» si arrogò il diritto di intervenire negli affari privati aggravando l'obbligo di concorrere alla sue spese fino a raggiungere l'attuale grado di oppressione fiscale.

Il crescente grado di fiscalità (ancor prima di scatenare rivoluzioni, come in precedenza aveva scatenato rivolte di particolari gruppi sociali) creò l'esigenza di una ripartizione del carico soprattutto in relazione alla reale redditività (fertilità) dei terreni essendo allora l'imposizione più di carattere generale, essenzialmente di questo tipo e, ancora, in relazione alle reali possibilità che le singole comunità locali avevano di concorrere alle spese pubbliche (anche allora, non sempre necessarie).

Funzionale a questi scopi fu l'istituzione dei Catasti, strumento, dunque, di difesa (e garanzia) delle comunità locali nei confronti dei poteri sovrani e delle loro richieste tributarie, ma strumento anche e soprattutto di perequazione tributaria (coloro che esercitavano prerogative feudali erano comunque anch'essi soggetti, per esempio, nei Ducati farnesiani, a tassazione). Perequazione alla quale espressamente si intitolò la legge che nel nostro stato unitario, totalmente ispirato al civile principio reddituale rispetto a quello patrimonialista degli stati preunitari, varò il nostro primo Catasto.

In precedenza, la funzione perequativa era assicurata dai capifamiglia, così come parzialmente ancor oggi avviene negli Stati Uniti, in ispecie nelle numerose comunità volontarie colà esistenti, fondate su accordi di diritto privato.

*Presidente Centro studi Confedilizia

Twitter @SforzaFogliani

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