Maddalena Camera
Non esiste alcun piano segreto per l'integrazione tra Tim e Open Fiber. Lo ha assicurato il Mise, smentendo alcune indiscrezioni di stampa. Ieri comunque il ministro Luigi Di Maio - messo alle strette dalla prospettiva dei circa 20mila potenziali esuberi in Tim prospettati dai sindacati in caso di «spezzatino» della società - ha detto che «adesso, non c'è nessun progetto in corso» per lo scorporo della rete. «Il nostro obiettivo - ha aggiunto Di Maio - è salvaguardare il livello occupazionale». Era, però, stato lo stesso vicepremier, qualche giorno fa a ribadire l'obiettivo dell'esecutivo di «creare un player unico della connettività», così da raggiungere tutti gli italiani. Unendo, quindi, le forze di Tim e di Open Fiber, controllata da Enel e dalla Cdp.
Ieri i sindacati avrebbero dovuto incontrare il ministro, ma il confronto è saltato per sopravvenuti impegni istituzionali. «La marginalità in calo, la gara sul 5G con un esborso impressionante (6,5 miliardi ndr), l'aumento degli investimenti, stanno mettendo il settore in ginocchio», attacca il segretario nazionale della Slc Cgil, Marco Del Cimmuto. Per i sindacati i casi di separazione proprietaria non esistono in Europa. «Va bene la fusione tra Tim e Open Fiber ma il controllo «deve restare in Tim», prosegue Del Cimmuto. In ogni caso, per i sindacati del settore, a 18 anni dalla privatizzazione di Telecom Italia, il risultato è negativo: da un gruppo tra i maggiori player mondiali, «presente in diversi continenti e con una avanzata capacità tecnologica», siamo passati - si legge in una nota - a un'azienda «concentrata solo sull'Italia e sul Brasile, con un fatturato (19,8 miliardi circa) sensibilmente più basso di allora (23 miliardi circa), fortemente indebitata, con minori investimenti e con decine di migliaia di dipendenti in meno». Quanto al piano sulla rete, secondo indiscrezioni, sarebbe appunto la Cdp a giocare un ruolo chiave: nella newco dovrebbero finire circa 30mila addetti Tim. Un numero rilevante, che dovrebbe essere sostenuto da un fatturato di 5 miliardi l'anno con un margine operativo di almeno 2 miliardi.
Nella società della rete confluirebbero poi tutti gli asset: dal rame alla fibra, dai cabinet nelle strade fino ai cavidotti. Oltre ai ricavi e ai margini il valore complessivo degli asset dovrebbe essere intorno ai 15 miliardi con investimenti nel quinquennio pari a 5 miliardi.
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