Renzi sogna un'Ilva pubblica: "Risanare per poi rivendere"

L'intervento pubblico si limiterebbe però a un contributo della Cassa depositi e prestiti: non si configurerebbe come una vera e propria gestione statale

Renzi sogna un'Ilva pubblica: "Risanare per poi rivendere"

Un intervento pubblico per rimettere in sesto l’Ilva, difendendone l’occupazione e, nel giro di due o tre anni, rivenderla. Il governo alza il velo sulla possibile strada da seguire per salvare il colosso dell’acciaio e propone una soluzione che ha tutta l’aria di una sorta di commissariamento straordinario, anche se restano in piedi le ipotesi di acquisizione da parte di gruppi esteri o italiani. A tracciare la road map è il premier Matteo Renzi che, in un’intervista a Repubblica, spiega: "A Taranto stiamo valutando se intervenire sull’Ilva con un soggetto pubblico: rimettere in sesto quell’azienda per due o tre anni, difendere l’occupazione, tutelare l’ambiente e poi rilanciarla sul mercato".

Il premier si schiera tra coloro che preferiscono che "l’acciaio sia gestito da privati", tuttavia "non tutto ciò che è pubblico va escluso" perché, sottolinea, "se devo far saltare Taranto preferisco intervenire direttamente per qualche anno e poi rimetterlo sul mercato". Da capire, quindi, quale possa essere la formula scelta per questo eventuale intervento pubblico. Di recente si è parlato di un interessamento del gruppo siderurgico Arvedi che potrebbe godere di un sostegno da parte di Cdp: l’intervento pubblico, in questo caso, si limiterebbe però a un contributo della Cassa, e quindi non si configurerebbe come una vera e propria gestione statale. Più probabile, allora, sarebbe l’arrivo di un vero e proprio commissario straordinario, con poteri ben più ampi di quelli attualmente in capo a Piero Gnudi, nominato in base a un decreto del 2013 per gestire l’azienda nel delicatissimo frangente dell’emergenza ambientale. Con l’arrivo di un commissario straordinario vero e proprio, invece, lo Stato svolgerebbe un ruolo sostanzialmente di proprietario, con la possibilità di risanare e, poi, di rivendere. La legge Marzano, però, prevede una possibilità del genere solo per le grandi imprese insolventi e, quindi, se questo non fosse il caso dell’Ilva, per adottarla potrebbe rendersi necessaria una modifica normativa: una sorta di nuovo decreto ad hoc tutto per la martoriata acciaieria pugliese.

Sullo sfondo resta l’offerta non vincolante inviata pochi giorni fa dal colosso Arcelor Mittal insieme al gruppo Marcegaglia. L’opzione pubblica, però, sembra quella più gettonata dai sindacati, da cui piovono commenti in maggioranza positivi. La Fiom si dice felice che il governo cambi idea sulla nazionalizzazione, anche se avverte che "al di là delle parole, di merito non c’è ancora nulla". Contenta anche la Uil, che "da mesi aveva prospettato una soluzione pubblica di emergenza". La Fim Cisl, invece, accusa Rendi di fare "propaganda". Fuori dal coro la voce dei Verdi, che con Angelo Bonelli puntano sulla riconversione industriale sul modello di Bilbao.

Per il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, invece, "sull’Ilva il presidente Renzi, con un approccio concreto, mette avanti a tutto l’ambiente e il lavoro" e, comunque, "non si tratta di rifare l’Italsider, come qualche nostalgico dell’acciaio pubblico vorrebbe, ma solo di intervenire per ridare serenità a una popolazione segnata da troppi danni ambientali e di assicurare efficienza e competitività a un’azienda strategica per il paese".

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