Safilo crolla in Borsa (-25%). Si inceppa il polo del Nord est

L'ad Trocchia: "I 700 esuberi sono inevitabili". Colpite le fabbriche di Udine e Belluno. Domani sarà sciopero

Safilo crolla in Borsa (-25%). Si inceppa il polo del Nord est

Safilo crolla in Borsa, dove perde un quarto (-25%) del suo valore e chiude la seduta a 1,194 euro, dopo l'annuncio del forte ridimensionamento della sua presenza in Italia. Un dipendente su quattro sarà lasciato a casa entro il 2020, a causa del piano di ristrutturazione resosi necessario dall'addio delle licenze di Fendi e Dior a partire dal 2021 (i due brand valgono il 21% delle vendite di Safilo).

Per far fronte all'emorragia di licenze, il fondo Hal (a cui fa capo il 50% del gruppo) ha previsto 700 esuberi conseguenti alla chiusura dello stabilimento di Martignacco (Udine), a 400 tagli nell'impianto di Longarone (Belluno) e alla riduzione di 50 dipendenti a Padova. Salvo, per ora, lo stabilimento di Santa Maria di Sala legato, almeno fino al 2023, alla produzione di occhiali per alcuni marchi di Kering (tra cui Gucci, rinnovato lo scorso ottobre).

«Nonostante il tentativo di far emergere soluzioni alternative, il nuovo piano industriale ha un impatto su un numero significativo di persone», ha ammesso l'ad Angelo Trocchia definendo la scelta dei licenziamenti «inevitabile» per permettere a Safilo di «continuare a vivere per altri 150 anni». I sindacati (Filctem Cgil, Femca Cisl, Ulltec Uil e le Rsu hanno proclamato uno sciopero per domani. Anche il Friuli-Venezia Giulia ha chiesto un incontro con l'azienda per seguire «con la massima attenzione l'evolversi della grave situazione».

Il piano non ha convinto né il mercato né gli analisti. E gli obiettivi rivisti al ribasso sono comunque ritenuti ambiziosi e caratterizzati da rischi di esecuzione rilevanti. Safilo ha tagliato a 960-1.000 milioni di euro le attese di fatturato nel 2020 (da una iniziale previsione di 1.000-1.020 milioni) con un margine operativo lordo al 6% delle vendite (dall'8-10% prima atteso). Per il 2024 il gruppo fondato nel 1934 da Guglielmo Tabacchi si attende un giro d'affari di un miliardo e un mol 9-11% delle vendite.

A colpire è il destino di due società in apparenza con numerosi punti in comune: Luxottica e Safilo. Entrambe icone del distretto dell'occhialeria veneta, società famigliari quotate in Borsa e con una specializzazione nell'alto di gamma. La storia tra i due gruppi si incrocia almeno in due occasioni, determinanti per disegnare il contrapposto percorso: inizialmente con Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica, terzista per Safilo e alla fine degli Anni '90 con la battaglia per Ray-Ban su cui si registra uno strappo all'interno della seconda generazione dei Tabacchi. Ray-Ban sarà poi acquisita da Luxottica e segnerà l'inizio dell'espansione mondiale del gruppo di Agordo, mentre la «dynasty» interna a Safilo ne determinerà il destino. Vittorio Tabacchi (oggi all'1,7% del capitale di Safilo) rileverà nel 2001 l'azienda di famiglia con un'offerta miliardaria, salvo poi trovarsi a riportare la società sul mercato quattro anni appesantita dai debiti ereditati dell'operazione. Il ripianamento del debito diverrà centrale nei piani di Safilo dove, nel 2009, subentra al comando il fondo Hal che, ricapitalizzazione dopo ricapitalizzazione passa da un iniziale 37% all'attuale 50% del capitale.

Luxottica nel frattempo si rafforza e scommette sulla integrazione tra montature, lenti e distribuzione oltre che sull'espansione internazionale.

Proprio due anni fa Del Vecchio ha voluto il matrimonio con la francese Essilor, trascorrendo i mesi successivi a difendere il peso tricolore nella gestione del leader mondiale dell'occhialeria. Una battaglia vinta. Almeno per ora.

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