E io pago. Il mitico Totò avrebbe commentato così il momento vissuto dalle famiglie italiane nel confronto con il mondo bancario. E io pago. Soprattutto se non scelgo una banca solida dal punto di vista patrimoniale. Ecco perché. Le ultime analisi sull'aumento dei costi dei conti correnti sono impietose. Negli ultimi 12 mesi sono aumentati del 13% circa, un'enormità se si pensa che l'inflazione è ancorata intorno allo zero e i prezzi di tutti gli altri beni e servizi sono fermi da anni. Ma in soldoni in cosa si traduce l'aumento del 13%? È presto detto: l'indice sintetico (Isc), che rappresenta il costo complessivo annuo di un conto corrente, è passato da una media di 127,5 euro del 2016 ai 144,70 di oggi. Stiamo parlando di medie, per cui è corretto che ognuno valuti, banca per banca, ciò che accade alla propria tenuta di conto corrente: in alcuni casi gli aumenti vanno oltre il 13%, così come si possono trovare condizioni di maggior virtù. Ma non è tutto. Fa specie valutare come, in molti casi, siano aumentate in maniera esponenziale le commissioni sulla parte online. Ebbene, considerate che siete voi ad aver pagato il pc o lo smartphone da cui operate, vostro il costo della connessione internet, vostro il denaro che trasferite, vostro il tempo che dedicate alle operazioni, vostro il dito che cliccando trasferisce il denaro. Nonostante ciò, vi applicano maggiorazioni alle commissioni relative a questi servizi. Ma da qualche parte, le banche che non hanno i bilanci a posto, dovranno pur fare cassa. La cassa spesso sono le nostre tasche. E io pago. Sempre di più se non scelgo bene e in fretta una banca solida.
Indovinate su chi ricadrà il costo delle inefficienze future, delle fusioni, degli accorpamenti, delle integrazioni bancarie necessarie a far fronte al nuovo che avanza e alle normative sempre più attente ai bilanci? Indovinate un po'? E io pago? È ora di dire basta. Di questo si parlerà nella trasmissione Mercati che Fare in onda sabato alle 20.30 su TgCom24.leopoldo.gasbarro@me.com
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