Sorgenia, De Benedetti all'angolo

Le banche in pressing: il gruppo Cir faccia la sua parte nel salvataggio o verrà estromesso dal capitale

Sorgenia, De Benedetti all'angolo

Un passo alla volta le banche creditrici di Sorgenia, la controllata di Cir attiva nel settore energetico, stanno inducendo la holding che fa capo alla famiglia De Benedetti ad accogliere le loro richieste. Il salvataggio della società di generazione e distribuzione elettrica passa necessariamente per un impegno dei figli dell'Ingegner Carlo superiore ai 100 milioni per i quali era stata data un'iniziale disponibilità. Il risultato del vertice di ieri mattina presso la sede milanese del Monte dei Paschi (l'istituto maggiormente esposto) è stato sostanzialmente questo: Cir, rappresentata dal presidente Rodolfo De Benedetti e dall'ad Monica Mondardini, ha aperto alla possibilità di partecipare all'aumento di capitale richiesto dalle banche per stralciare 600 milioni di debiti (su un totale di oltre 1,8 milioni del consolidato) per una cifra vicina a quota 150 milioni. Dall'altra parte del tavolo sedevano i vertici delle sei principali banche creditrici, a partire dall'ad del Monte Fabrizio Viola. Con lui i massimi dirigenti di Unicredit, Intesa (Banca Imi), Ubi, Banco Popolare e Bpm. Di fronte alla sostanziale unanimità delle banche sulla possibilità di convertire in equity 300 milioni di crediti solo a fronte di una ricapitalizzazione di 150 milioni, De Benedetti jr ha dovuto necessariamente fare un passo indietro rispetto alla proposta iniziale. In un prossimo incontro si cercherà di mettere finalmente nero su bianco.

Nel pomeriggio si è svolto un altro vertice che ha riguardato Sorgenia Power, la controllata che ha debiti per circa 650 milioni. Come per la consorella Tirreno Power, partecipata da Gdf Suez, si va verso un riscadenziamento dei crediti concessi. Questo tavolo è più «sereno» di quello della holding in quanto le centrali fungono da garanzia e quindi, al venir meno dei patti, si può sempre escutere l'asset. Discorso diverso al piano di sopra. È chiaro che gli istituti non hanno interesse a far fallire Sorgenia perché perderebbero circa il 70% dei crediti nella migliore delle ipotesi. Ma è altrettanto chiaro che la famiglia De Benedetti non sia entusiasta di spendere 150 milioni «a fondo perduto». Al termine della ricapitalizzazione, infatti, Sorgenia sarebbe in mano ai creditori per il 66,6%, mentre altri 150 milioni di debito sarebbero stralciati con un convertibile, sempre detenuto dalle banche. In ogni caso, la sorte dell'avventura nell'energia iniziata dall'Ingegnere circa 15 anni fa è pressoché segnata. A prescindere dalla governance (che non dovrebbe essere granché modificata), quando i creditori saranno maggioranza partiranno le dismissioni delle rinnovabili per rientrare dall'esposizione, mentre per il business della generazione si cercherà un partner.
Che non sarà Eni, come ha scritto ieri Rodolfo De Benedetti in una lettera al Corriere in replica al sapido articolo di domenica scorsa. «Mi spiace che si cerchi di creare un “caso politico“ su quello che è unicamente un problema aziendale», ha aggiunto. Il quotidiano di Via Solferino (rivale di Repubblica che a Cir fa sempre capo) aveva adombrato una soluzione «politica» per il caso, ipotizzando che il decreto attuativo della normativa transitoria sul capacity payment (la remunerazione statale per le centrali a ciclo combinato come quelle di Sorgenia) fosse una sorta di «scambio» tra il governo di Matteo Renzi e la famiglia De Benedetti, proprio alla vigilia di un'importante tornata di nomine nelle società a partecipazione pubblica.

La smentita di Rodolfo De Benedetti dovrebbe contribuire a chiudere la querelle. La non ostilità di Repubblica (la cui indipendenza editoriale da Cir è stata ribadita) all'attuale esecutivo, tuttavia, non costituisce certo uno svantaggio in questa fase molto delicata.

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