«Questo matrimonio non s'ha da fare, nè domani, nè mai». Come un don Rodrigo del terzo millennio, Donald Trump manda a catafascio il proposito, per la verità ostile, di Broadcast di convolare a nozze con Qualcomm. Una cosuccia da 117 miliardi di dollari, su cui le banche americane avrebbero incassato commissioni stimate in 280 milioni. Tutto sfuma invece, mentre il titolo va a picco a Wall Street (-4%), per l'intervento d'imperio della Casa Bianca. «Il takeover proposto di Qualcomm da parte dell'acquirente è proibito e ogni fusione, acquisizione o takeover equivalente, a prescindere che sia diretto o indiretto, è a sua volta proibito», ha ordinato il tycoon. Un tackle a piedi uniti, giustificato dalle «prove fondate» che l'acquisizione del colosso Usa dei microchip avrebbe «minacciato di indebolire la sicurezza nazionale degli Stati Uniti».
Ora, l'aver tirato in ballo la sicurezza nazionale significa mettere in un cono d'ombra ragioni industriali, convenienze finanziarie, salvaguardia dei posti di lavoro e, più in generale, ogni aspetto economico legato a un'aggregazione fra due imprese. Lo stop è, infatti, di natura prettamente politica. Al punto da essere null'altro che l'allungamento della linea protezionistica perseguita dall'amministrazione Usa. Sollevando il sospetto che Broadcast, un gruppo americano basato a Singapore ma intenzionato a riportare il quartier generale sul suolo statunitense, sia in realtà un paravento dietro cui si nascondono interessi cinesi. Così, il messaggio inviato a Pechino da The Donald suona quanto mai esplicito: qualsiasi accordo che possa dare un vantaggio alla Cina in una tecnologia cruciale sarà bloccato. Insomma: muso ancor più duro verso il Dragone, nonostante i rapporti - non solo commerciali - siano diventati tesissimi con l'annuncio di voler introdurre dazi su acciaio e alluminio dopo quelli già messi in gennaio su pannelli solari e lavatrici.
Il rischio di arrivare alla resa dei conti con i cinesi sembra però valere la pena, pur di blindare Qualcomm e tenerne saldamente le radici in quel di San Diego. Il motivo? Dovranno essere a stelle e strisce i microchip del futuro, il cuore pulsante della tecnologia 5G. Un salto nell'iperuranio delle comunicazioni wireless, da megabit a gigabit, destinato a rendere per esempio gli attuali smartphone una lenta carrozza settecentesca. Al momento, Qualcomm è in mezzo al guado: la nuova rete Gigabite Lte, che utilizza i chip e i modem del gruppo californiano, può trasferire dati a una velocità 10 volte superiore a quella normale. Non è ancora un 5G duro e puro, ma all'ultimo Mobile World Congress di Barcellona Qualcomm ha annunciato l'avvio di sperimentazioni del 5G con numerosi operatori, tra cui anche Tim. Insomma, al grande passo potrebbe non mancare molto. Ma gli altri competitor non stanno certo a guardare. C'è Intel, che ora potrebbe farsi avanti per unirsi a Qualcomm, e ci sono i cinesi, in particolare Huawei.
Poi ci sono le possibili ripercussioni della mossa di Trump, sotto forma di un calo del giro d'affari proprio nell'ex Celeste
Impero, dove il gruppo Usa rifornisce i principali produttori di cellulari e porta a casa i due terzi dei ricavi globali. Meglio metterlo in conto. Perché non solo i divorzi hanno un costo: anche le nozze andate all'aria.
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