Sul risparmio gestito italiano le grandi manovre d'autunno

Le pressioni sui costi della direttiva Mifid 2 spingono verso riassetti e acquisizioni. Gli appetiti degli stranieri

Sul risparmio gestito italiano le grandi manovre d'autunno

Un'ondata di consolidamento è in arrivo sull'industria del risparmio gestito, determinata dall'aumento dei costi regolatori imposti dalla Mifid 2, dalla pressione imposta da questa direttiva alla concorrenza, e dalla conseguente riduzione dei margini. Il risiko riguarderà prevalentemente quelle sgr o reti di dimensioni medie che potrebbero avere difficoltà a mantenere il passo e che devono quindi raggiungere economie di scala adeguate.

«I grandi gruppi si sono ciclicamente detti tutti compratori in questa fase, con un'attenzione particolare alle reti di distribuzione e alle boutique di investimento specializzate. Mentre sono alla ricerca di partner numerose sim e sgr generaliste di dimensioni relativamente ridotte o reti con patrimoni piccoli» sostiene Vito Ferito di Gamma Capital Markets. Ma molte partite restano comunque aperte. A iniziare da Fineco, la banca multicanale da cui Unicredit è uscita poche settimane fa (aveva il controllo) e in cui è entrata Blackrock con una quota di circa l'8,3%. Il colosso Usa che gestisce 6mila miliardi di dollari lo scorso anno aveva tentato un ingresso importante in Eurizon (sgr di Intesa Sanpaolo), senza tuttavia riuscirci.

Sotto i riflettori c'è prima di tutto Anima: il gruppo, partecipato da Banco Bpm (al 14,2%) e da Poste Italiane (al 10%) e con oltre 175 miliardi di masse gestite, non fa mistero del suo interesse per Arca, sgr a sua volta partecipata da Bper (al 57,06%) e da Banca Popolare di Sondrio (al 36,86%) con 31 miliardi di masse gestite e, al contempo, guarda a partner internazionali per diversificare il business a livello geografico. Gli analisti tuttavia sottolineando spesso la scalabilità del gruppo che conta su un flottante pari al 75% del capitale.

Qualche mese fa, in Piazza Affari, c'era chi ipotizzava che Mediobanca avesse posato il suo sguardo su Anima e Azimut (che vanta un flottante pari al 76%, masse per 57 miliardi e una propria rete di distribuzione), per perseguire l'obiettivo di rafforzare la gestione patrimoniale che oggi realizza il 20% del giro d'affari e il 10% circa degli utili del gruppo. E sarà probabilmente proprio l'M&A nell'ambito della gestione patrimoniale il cuore del prossimo piano industriale di Mediobanca atteso il 12 novembre. Nel frattempo, in attesa di indicazioni di operazioni maggiori, potrebbe chiudersi l'operazione su Kairos, asset management italiano di Julius Baer con una dote di 10 miliardi di patrimonio in gestione, a cui sarebbero interessati anche Jc Flower e Banca Generali, la banca private del gruppo triestino in forte espansione.

A essere interessati allo shopping ci sono anche Banca Mediolanum e, per l'appunto, il gruppo Generali. Massimo Doris, ad della banca costruita intorno a te, ha recentemente dichiarato in una intervista l' interesse a reti di promotori, pur sottolineando poi di non avere alcun fascicolo aperto. Mentre Philippe Donnet, ad di Generali, rimane concentrato sulla creazione, anche attraverso shopping mirato, di una piattaforma multi-boutique nella gestione patrimoniale.

Rimangono sempre alla finestra anche big esteri (come Allianz, Amundi, Natixis, Blackrock e Ubs) attratti da un mercato come il nostro dove il potenziale è ancora enorme nell'ambito della gestione. La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è di circa 4.300 miliardi, di cui oltre 1.300 dormienti in banca; e i margini di miglioramento sui costi sono enormi.

In merito, Ferito ricorda come, secondo, una ricerca dell'Esma, la rete, spesso legata a modelli piramidali, assorba il 70% circa dei costi complessivi pagati dai clienti. Costi che in Italia sono tra i più elevati d'Europa: sui 10 anni, per esempio, il costo medio ha inciso per il 37% della performance lorda nel comparto azionario, rispetto ad una media europea pari al 27 per cento.

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