Telecom, scontro su Tim Brasil

I soci di minoranza di Telecom Italia e la politica alzano le barricate sulla vendita di Tim Brasil. All'indomani delle indiscrezioni del Giornale che hanno riferito di un'accelerazione al progetto di cessione dell'asset sudamericano, la Findim di Marco Fossati, azionista di Telecom con il 5%, si oppone senza riserve a ogni ipotesi di cessione, per altro al momento smentita ufficialmente dalla stessa Telecom. «Tim Brasil è un bene non sostituibile, date le caratteristiche economiche e sociali del mercato brasiliano, e sostanziale per l'attività di Telecom Italia. Pertanto, qualsivoglia ipotesi di vendita dovrà essere approfondita e presa in esame dall'attuale cda con il pieno coinvolgimento degli azionisti di minoranza e con conseguente ratifica assembleare. Il valore economico della società Tim Brasil - ribadisce Findim in una nota - non è pari al suo attuale valore di Borsa più premio, ma l'eventuale offerta di acquisto dovrà tenere conto delle potenzialità di crescita della società e del mercato brasiliano, delle sinergie industriali e dell'ottimizzazione del mercato con l'eliminazione di un concorrente strategico». Una serie di paletti che Fossati intende far valere in cda.
Per il 16 gennaio, infatti, il numero uno di Findim prepara una mozione per blindare la vendita dell'asset brasiliano. Una mossa che renderà obbligatorio valutare l'operazione, e quindi la cessione, attraverso un comitato ad hoc di soli indipendenti. Resta da vedere se i soci Telecom lo seguiranno, alla luce del fatto che la cessione potrebbe portare nelle casse della società qualcosa come 8-10 miliardi e permettere al gruppo un deciso rilancio. Dati gli attuali valori di Tim, le attività brasiliane pesano 8 centesimi sulle quotazioni di Telecom. Ma di fronte a un'offerta da 9 miliardi per il 67% della quota, ai soci italiani verrebbero proposti circa 20 centesimi ad azione. A quel punto non solo Telecom avrebbe risolto alla radice il problema dei suoi debiti, ma avrebbe anche le risorse per investire, e non solo in Italia.
Da non sottovalutare, poi, i rialzi che la notizia sta generando sia al titolo Telecom sia a Tim Brasil. Numeri da capogiro che hanno portato venerdì il titolo italiano oltre quota 0,70. Un valore ancora lontano dagli 1,2 euro a cui i soci Telco hanno in carico il titolo, ma comunque l'inizio di un'ascesa data per certa dagli analisti. Anche in Brasile, le azioni della controllata di Telecom Italia ha preso il là e venerdì ha chiuso al suo record storico di 13,42 reais, in crescita dell' 11%. In netto rialzo anche la concorrente Oi (+17%) che, secondo le indiscrezioni, sarebbe con Vivo (controllata appunto da Telefonica) e Claro, di Carlos Slim, parte nel consorzio interessato a Tim Brasil.
Resta da verificare quanto durerà questo rally alla luce del fatto che polemiche sulla vendita sono arrivate anche dal mondo politico. «Tim Brasil - il commento, ieri, del viceministro dell'Economia, Stefano Fassina, poco prima di rassegnare le dimissioni nelle mani del premier Enrico Letta - è un asset strategico per Telecom Italia e per le suen prospettive di investimento nel nostro Paese, in particolare per l'upgrading della rete, fattore di competitività decisivo. Non è questione di italianità. È questione di futuro dell'Italia. Il Senato alcuni mesi fa, con una risoluzione approvata a larghissima maggioranza, ha evidenziato i rischi dell'operazione di Telefonica su Telco».

Una maggiore chiarezza potrebbe comunque essere fatta già domani quando Telefonica risponderà ufficialmente alla Consob che, sulla questione brasiliana, vuole vederci chiaro. Secondo fonti vicine alla società, comunque, gli spagnoli smentiranno ogni coinvolgimento.

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